L’assemblea di oggi si insedia dopo il disastro delle candidature di Marini e Prodi, e dopo il flop di Bersani nel tentativo di formare un governo. Il partito, attualmente, è senza leadership e l’obiettivo principale, quello di eleggere un nuovo segretario, dovrebbe raggiungersi senza intoppi grazie all’accordo su Guglielmo Epifani. Tuttavia le cose potrebbe andare ancora peggio. Peppino Caldarola, giornalista e scrittore, ci spiega perché.



Quali saranno i nodi che il Pd dovrà affrontare nell’assemblea di oggi?

Superato il vecchio antagonismo da tra ex Dc ed ex Pci, oggi la linea di frontiera è un’altra. Una parte del partito, compresa la base più militante, è attratta da una grande coalizione a sinistra che arrivi fino ai grillini; vorrebbe una sorta di riedizione del fronte popolare radicale e gli piace l’idea di stare all’opposizione. Un’altra, invece, non vuol perdere la propria fisionomia di sinistra di governo, accetta con sofferenza le larghe intese che hanno portato Letta a Palazzo Chigi e ritiene di dover continuare a parlare al Paese. All’interno di questo scontro ce n’è un altro, quello tra le varie componenti, ciascuna delle quali si sta ulteriormente dividendo. Infine, c’è Renzi, che non si capisce ancora cosa voglia fare da grande.



Questi problemi sono gli stessi che hanno condotto al disastro dell’elezione del presidente della Repubblica?

Al di là delle correnti, c’è un problema culturale: il Pd ha perso la propria anima. Non si capisce più quale sia la sua missione. Non è stato capace di allargare la sua base elettorale, e non si è accorto che nella società pesava sempre meno il lavoro dipendente, e sempre più una crisi sociale devastante. Si è indebolita la sua struttura tradizionale. D’altro canto, gli errori di Bersani sono incalcolabili: non ha fatto la campagna elettorale nella certezza della vittoria, non ha capito che il berlusconismo non è un fenomeno transitorio, e che il grillismo non era un movimento di protesta marginale; come se non bastasse, ha gestito il post-voto negando la sconfitta, pretendendo di governare senza maggioranza e bruciando uno dopo gli altri i candidati alla presidenza della Repubblica.



In questo contesto, quale sarà il compito del segretario?

Dovrà dedicare tutte le sue energie alla ricostruzione del partito. I militanti chiedono che ci metta l’anima per evitare che imploda definitivamente. Per questo, occorre una persona che abbia energia intellettuale, forza fisica e disponibilità. In tal senso, la regola in base alla quale il cosiddetto “reggente” non dovrebbe potersi ricandidare non ha alcun senso. Se riuscisse a risollevare il partito, sarebbe suicida non proporgli di continuare.

 

Guglielmo Epifani ha queste caratteristiche?

Epifani ha le caratteristica del traghettatore, per l’esperienza e per l’età e, probabilmente, non ha l’ambizione di restare più del suo mandato. Ha fama, inoltre, di grande mediatore, avendo gestito la Cgil dopo la fase pansindacalista di Cofferati, riportandola al suo ruolo di sindacato. Potrà, quindi, sedare gli animi, unificare il partito e cercare di dargli un assetto interno che consenta di arrivare serenamente ad un congresso vero e proprio. Tuttavia, potrebbe inciampare in un enorme ostacolo.

 

Quale?

Al di là dell’accordo raggiunto, non dobbiamo dimenticare che l’assemblea dovrà votarlo. Ebbene, potrebbero mancargli i voti necessari all’elezione. Il Pd, ultimamente, ci ha abituato a sorprese di questo genere. 

 

Se non dovesse ottenere i voti necessari, cosa accadrà?

Il partito esploderebbe. E’ ragionevole, quindi, presumere che questa volta lo spirito di sopravvivenza conduca ad una votazione unitaria. 

 

(Paolo Nessi)