Il tanto atteso rinnovamento del Pd può essere opera di un 65enne? Probabilmente, sì. Anche perché al turn over generazionale a tutti i costi non ci mai creduto nessuno. Certo, meglio sceglierli giovani i nuovi dirigenti. Ma purché capaci. Altrimenti, meglio capaci, a prescindere dall’età. Sergio Chiamparino, che ha manifestato la disponibilità a scendere in campo per la leadership del Pd, potrebbe avere le carte in regola per ricostruire il partito. Peppino Caldarola, giornalista e scrittore, ci spiega cosa implicherebbe la sua candidatura.
Negli ultimi tempi, l’ex sindaco di Torino era apparso piuttosto defilato.
Il problema è che, come lui stesso aveva dichiarato, scaduto il secondo mandato da sindaco, aveva accettato di presiedere la Fondazione San Paolo semplicemente perché il Pd non ritenne di utilizzarlo in nessun modo. Intendiamoci, non chiedeva un incarico, ma di poter continuare a far politica. Per anni è stato considerato il miglior sindaco d’Italia, ha lavorato al Parlamento europeo senza farsi fagocitare dalla correnti, è stato tra gli anticipatori di un filone socialdemocratico e successivamente portatore di una visione che superava tale concezione. Insomma, avrebbe avuto, legittimamente, piacere che la sua esperienza politica fosse messa a frutto.
Perché è stato archiviato?
Per la pochezza del gruppo dirigente del Pd che ha perso le elezioni e che, invece che aprirsi al suo contributo, ha preferito chiudersi a riccio. La sua presenza, in quanto forte del consenso e di idee, era stata considerata troppo ingombrante. Insomma, la sua fuoriuscita dalla politica è stata il frutto dell’ottusità della segreteria di Bersani.
Se si candidasse, contro chi gareggerebbe?
Epifani si ricandiderà a seconda di come riuscirà a gestire il partito in questi mesi. Eventualmente, sarebbe sostenuto da una colazione incentrata su Bersani e Franceschini; si candiderà, con ogni probabilità, anche Gianni Cuperlo. Sarà il nome più di sinistra e otterrà l’appoggio dei Giovani Turchi; Letta, in quanto presidente del Consiglio, difficilmente potrà candidarsi; Renzi, infine: la sua candidatura va considerata inconciliabile con quella Chiamparino.
Perché?
I due parlano lo stesso linguaggio. Per loro, come del resto per Veltroni, l’idea del Pd è quella di un partito completamente nuovo. In sostanza, sono alleati, e l’uno sarebbe il principale supporter dell’altro. Non dimentichiamo che durante le elezioni per il Colle le schede che contenevano il nome dell’ex sindaco di Torino erano quelle dei renziani.
Come diventerebbe il Pd con Chiamparino segretario?
L’ex sindaco di Torino rappresenterebbe il punto d’unione tra la cultura democratica iniziale, incardinata sul discorso di Veltroni del Lingotto e la cultura renziana che a tale filone si è legato, ovvero l’ipotesi di un Pd che stacca la spina con le tradizioni precedenti e tenta la strada del soggetto politico riformista. In questo, potrebbe essere aiutato dall’evoluzione di alcuni partiti socialisti europei che hanno iniziato a ragionare sulla trasformazione dell’Internazionale socialista in alleanza democratica progressista.
I candidati sono già molti. Il Pd si sta scindendo in tante microcomponenti?
L’elenco, probabilmente, si allungherà ulteriormente e includerà personaggi come Pippo Civati. Tuttavia, i nomi che sin qui abbiamo fatto corrispondono, prevalentemente, alle due anime principali del Pd: quella più movimentista, che guarda a Sel e pensa che si possano recuperare i grillini; e quelle che è convinta che il Pd debba essere un partito di sinistra di governo, piuttosto sbilanciato al centro. Resta da collocare Massimo D’Alema, un giocatore solitario. Indubbiamente, condivide con Renzi, Chiamparino e Veltroni l’idea che il Pd debba essere un partito democratico tout court, ma non rinuncia all’ambizione di conservare i rapporti con la sinistra sindacale.
Crede che Chiamparino abbia qualche chance di vittoria?
Credo che ne abbia molte. Il suo nome, anzitutto non è divisivo. Neanche quelli che non lo voteranno lo considereranno mai come uno che vuole calpestare le idee altrui. Oltretutto, non è indifferente alla base del Pd, perché viene ricordato come un sindaco che ha governato bene ma, contestualmente, è sempre stato considerato eterodosso rispetto a linea del partito. Dopo l’ubriacatura del rinnovamento puramente generazionale, potrà finalmente rappresentare il miglioramento qualitativo.
(Paolo Nessi)