Un disegno di legge per impedire la partecipazione alle elezioni a movimenti senza uno statuto preciso tale da configurarli come partiti politici. E’ stato presentato dai senatori del Pd, Anna Finocchiaro e Luigi Zanda, e il suo effetto potrebbe essere quello di impedire al Movimento 5 Stelle di ripresentarsi alle prossime politiche. Per la professoressa Marilisa D’Amico, costituzionalista dell’Università degli Studi di Milano, “la mancata regolamentazione ha portato a problemi di democrazia interna e di trasparenza all’interno dei partiti. La proposta di Finocchiaro e Zanda si situa nel solco di una ragionevole regolamentazione della vita pubblica dei partiti”.



Per quali ragioni, storiche e politiche, l’articolo 49 della Costituzione è rimasto senza attuazione per più di 60 anni?

Se si leggono gli statuti di alcuni partiti, come quelli del Partito Comunista Italiano, della Lega Nord o, per venire all’attualità, l’atto di fondazione del Movimento 5 Stelle, c’è una forte carenza di democrazia interna. E’ chiaro quindi che i partiti hanno voluto agire in una zona di libertà che faceva loro assolutamente comodo. Nel momento di massima crisi dei partiti, in cui da diverse parti si afferma che sarebbero definitivamente morti, una legge di attuazione dell’articolo 49 sarebbe un fatto importante per quanto riguarda la nostra democrazia.



Che cosa ne pensa del fatto che ci si arrivi solo adesso?

E’ un fatto che crea una certa impressione, a differenza per esempio della Germania dove le leggi sulla democrazia interna hanno consentito di isolare le frange estreme. In Italia al contrario i partiti non si sono vincolati a nessuna regola. L’assenza di vincoli inizialmente era un modo per favorire al massimo il pluralismo partitico, con la proliferazione di nuovi partiti. L’esperienza degli ultimi 20 anni ci ha dimostrato però che l’assenza di regole ha fatto sì che molti partiti si sono trovati a essere gestiti da un “padre-padrone”. Trovo emblematico il caso del M5S, al cui interno appartiene tutto al signor Grillo.



Al di là del ddl Finocchiaro-Zanda, ritiene che la partecipazione democratica attraverso i partiti vada in qualche modo “protetta”?

Ci devono essere delle regole uguali per tutti. Il bilancio certificato da un revisore esterno, se fosse stato imposto per legge, avrebbe consentito alla Lega Nord di scoprire per tempo quanto stava avvenendo. Sono d’altra parte contraria al fatto di ingessare la partecipazione. Tutti i nuovi mezzi di partecipazione oggi ci inducono a porci delle domande, in quanto i partiti come sono classicamente intesi hanno bisogno di trovare nuove forme per consentire ai loro simpatizzanti di partecipare.

Che differenza c’è tra un movimento e un partito?

Il movimento è qualcosa di spontaneo e pre-partitico, e nel momento in cui si presenta alle elezioni è già un partito. Il M5S è un partito a tutti gli effetti, che si è presentato con proprie liste alla partecipazione elettorale. La vera differenza è piuttosto tra un’associazione o un gruppo di persone che ha dei rappresentanti politici, ma non intende trasformarsi in un partito collocandosi piuttosto all’interno del dibattito pubblico per dare un suo apporto o contributo. Il M5S al contrario è un vero e proprio partito, che però si definisce un movimento per distinguersi e contrapporsi agli altri partiti.

 

Qual è il significato di questa “sdoppiatura”?

Ci troviamo di fronte a una democrazia molto in crisi, in quanto c’è una forza politica che vorrebbe delegittimare il sistema democratico rappresentativo eleggendo dei suoi rappresentanti in Parlamento, ma contrapponendo la democrazia rappresentativa al popolo. In questo modo si crea una situazione paradossale, in quanto nei due mesi successivi alle elezioni il M5S ha definito come non legittimato un Parlamento che era appena stato eletto.

 

In che senso?

Mi preoccupa molto quando Grillo afferma che non si accontenta di essere il 25-30%, come in una normale democrazia rappresentativa in cui ogni partito costituisce una fetta della popolazione, ma rivendica di puntare a essere il 100%. Si tratta di frasi che sentivamo dire agli albori del fascismo, e vorremmo che nessuno le prendesse sul serio.

 

Intanto Grillo annuncia che se il ddl di Finocchiaro e Zanda sarà approvato in Parlamento, il M5S non si presenterà alle prossime elezioni …

In questo modo Beppe Grillo si pone fuori dalla democrazia. Quella di Finocchiaro e Zanda è una proposta che in seguito potrà essere modificata o migliorata, ma la risposta del fondatore del M5S è rivelatrice perché nessun altro leader di partito in Italia avrebbe mai scritto una cosa del genere. Il post di Grillo conferma le nostre preoccupazioni che il suo sia un movimento politico che non intende rientrare nelle forme e nei principi della nostra Costituzione. Bisognerà poi vedere fino a che punto i sostenitori del M5S condividano realmente quanto afferma Grillo, e se davvero vogliano un leader padrone che decide tutto a partire dai finanziamenti. Ho dei dubbi sul fatto che tutti i parlamentari del M5S siano d’accordo sulla questione degli scontrini o della diaria.

 

Chiamarsi fuori dal parlamento è un gesto molto preciso e radicale …

E’ ciò che sta facendo Grillo dalle elezioni del 24 febbraio scorso. Trovo per esempio significativo il fatto che ci sia un leader che non è parlamentare, e che dà istruzioni a deputati e senatori.

 

(Pietro Vernizzi)