È assolutamente condivisibile la traccia con cui il presidente del Consiglio, Enrico Letta, ha illustrato ieri mattina in Senato e ieri pomeriggio alla Camera dei deputati la posizione italiana in vista del decisivo Consiglio europeo di oggi, sui delicati temi della lotta alle frodi fiscali e della creazione di uno spazio comune per le energie rinnovabili.
Vorrei sottolineare che da tempo non si ascoltava un’argomentazione di così ampio respiro sull’Europa da parte di un presidente del Consiglio italiano. Un’argomentazione solidamente politica e scarsamente burocratica, segno tangibile della notevole cultura europeista di Enrico Letta e della sua sensibilità a temi che sono comuni a noi tutti, socialisti e democratici.
Segnalo, in particolare, il tentativo di Letta di rilanciare con forza le attuali politiche europee in materia di riforma economica entro la cornice della costruzione degli Stati Uniti d’Europa, il vero grande obiettivo che dà forza e respiro al sogno europeo.
Detto ciò, resta tuttavia il grande scoglio dei due appuntamenti del Consiglio europeo, sollevato dallo stesso Letta, quello di oggi e quello previsto per fine mese. Oggi, il Consiglio europeo affronterà il delicato tema della uniformità delle politiche fiscali e della lotta alla evasione.
Io penso che l’Unione europea debba assumere, con coraggio e con forza, due decisioni importanti, se vuole dare concretezza all’attività di contrasto delle frodi fiscali: da un lato, occorre subito monitorare i paradisi fiscali nel cuore dell’Europa e trovare le forme legislative per bloccarne l’uso. D’altro lato, è necessario stabilire una politica fiscale comune tra i Paesi membri, dal momento che è ancora forte lo squilibrio tra le diverse legislazioni in materia di trasparenza fiscale e di inasprimento delle sanzioni.
Sono due punti strategici sui quali le istituzioni europee devono essere chiamate ad esprimersi in modo forte e senza indugio. Una scelta di questo tipo gioverebbe soprattutto all’Italia, dove l’evasione fiscale è il vero grande freno allo sviluppo e all’uguaglianza tra i cittadini.
Per ciò che concerne le politiche attive per il lavoro in Europa, il presidente Letta è stato sensibilmente più sfumato, lasciando il tema ad una riflessione più attenta in occasione del secondo Consiglio europeo. In realtà, la questione è decisiva, e non si può più consentire alle autorità istituzionali europee di restare nel vago, o peggio, di non assumere scelte concrete. Il presidente francese Hollande, ad esempio, ha proposto all’Europa di destinare risorse pari a 6 miliardi di euro per la creazione di nuova occupazione e per sostenere quei giovani che stentano a trovare la giusta formazione o il giusto impiego.
Perfino Angela Merkel ha di recente, e di fronte a papa Francesco, sostenuto la posizione francese e la necessità di trovare risorse per finanziare un piano europeo per l’occupazione. La posizione italiana sembra andare nel verso giusto, non solo sollevando la questione ma contribuendo concretamente a finanziare il piano europeo per l’occupazione.
In sintesi, si tratta finalmente di un convinto ritorno a Keynes, sia pure in forme e modi più vicini e contemporanei, o di un bluff? Mi sembra che la convinzione della necessità di politiche per il lavoro e di investimenti pubblici per l’occupazione sia ormai tema acquisito nelle cancellerie europee, sulla scia delle scelte già assunte da Stati Uniti e Giappone.
Ora occorre l’ultimo grande sforzo, trovare le risorse per favorire l’occupazione. Così si ricrea la domanda. Così può ripartire l’economia europea. Così può essere favorito lo sviluppo. Così si può dare finalmente concretezza alla crescita virtuosa.
Auguri a Letta, dunque, e alla delegazione italiana che da oggi affronterà un cammino difficile, ma speriamo ricco di risultati, per l’Italia e per l’Europa.