Ineleggibilità di Berlusconi e legge elettorale al centro del dibattito politico. Da un lato c’è il rinvio “a data da destinarsi” della seduta della giunta delle elezioni al Senato sulla questione che riguarda il Cavaliere. Secondo una legge del 1957 i concessionari dei beni dello Stato sono ineleggibili in Parlamento. Il nodo del contendere, irrisolto dal 1994, è che Berlusconi è proprietario di Mediaset, concessionario dei diritti tv, ma non la gestisce direttamente. A tornare in primo piano è anche il tema della nuova legge elettorale. Per Renato Brunetta, capogruppo del Pdl alla Camera, “c’è un accordo nella maggioranza per fare una riforma minimalista che ricontestualizzi il Porcellum”. Ilsussidiario.net ha intervistato il costituzionalista Stelio Mangiameli.
Partiamo dalla questione dell’ineleggibilità di Berlusconi. Ritiene che la questione sia fondata?
La questione dell’eleggibilità di Berlusconi è stata posta a partire dal 1994, anche durante il periodo in cui vi erano maggioranze di centrosinistra in Parlamento. E’ stata sempre risolta nel senso che il Cavaliere è perfettamente eleggibile in virtù della distinzione tra proprietà di Mediaset, che è sua, e gestione, che è in mano ad altri. Affermare che siano ineleggibili tutti coloro che possiedono azioni di una qualunque società concessionaria, significa trasformare completamente il concetto alla base della legge del 1957. Berlusconi dunque è perfettamente eleggibile.
Che cosa ne pensa del fatto che il tema dell’ineleggibilità torna alla ribalta dopo 19 anni di presenza ininterrotta di Berlusconi in Parlamento?
Nella prassi del diritto parlamentare, un qualunque precedente fa stato. Ricordo che quello parlamentare è un diritto che non si può facilmente portare davanti ai giudici, perché le Camere godono di una completa autonomia decisionale in ordine alla verifica dei poteri e ai temi dell’ineleggibilità e dell’incompatibilità. Tutte le questioni di questo tipo si risolvono solo all’interno delle Camere, le quali altrimenti subirebbero l’interferenza di un altro potere. La prassi parlamentare ha fornito un’interpretazione che esclude in modo netto l’ineleggibilità di Berlusconi.
Quindi lei non ha dubbi?
Se anche vi fossero dubbi, le cause limitative dell’ineleggibilità, dal momento che riguardano un diritto di partecipazione politica, non devono essere interpretate in modo estensivo ma in modo restrittivo. Quindi l’interpretazione che vuole fare passare Grillo e una parte del Pd risulterebbe totalmente in contrasto anche con il principio che nel dubbio va favorita la partecipazione.
Passiamo alla legge elettorale. Per Quagliariello, andrebbe modificata solo dopo la riforma della Costituzione …
Se si ha intenzione di modificare la forma di governo, allora ha senso che la riforma della legge elettorale subentri in un secondo momento. In base al fatto che nella Costituzione sarà inserito il presidenzialismo o un’altra forma, decideremo di fare una legge elettorale corrispondente. Se al contrario conserviamo l’attuale forma, è possibile modificare subito la legge elettorale, che ha indubbiamente qualche difetto sia pure non estremo.
Quali sono questi difetti che vanno corretti?
Il problema di fondo è che questa volta la legge non ha funzionato perché siamo passati da un sistema politico bipolare a uno “quadripolare”. Le forze in campo sono Pdl, Pd, M5S e Scelta civica. Una legge tarata sul bipolarismo in una situazione del genere non può funzionare. Se si prende atto che la presenza di quattro poli si è consolidata, bisogna togliere il premio di maggioranza perché comunque si avrà sempre bisogno di governi di coalizione.
Lei rinuncerebbe a priori a una maggioranza basata su un solo schieramento?
Il punto è che è inutile alterare la proporzionalità con un premio di maggioranza, se poi non si raggiunge la governabilità. Qualsiasi legge elettorale si basa su due pilastri: il principio di rappresentanza, cui corrisponde il criterio proporzionale, e quello di governabilità, che è esaltato dal sistema maggioritario. La mia proposta è quindi quella di introdurre un sistema maggioritario a collegi uninominali a singolo o a doppio turno. In alternativa, se vogliamo puntare sul proporzionale, è possibile pensare a una clausola di sbarramento per i partiti al di sotto del 5%.
(Pietro Vernizzi)