Emergono nuovi dettagli riguardo le rilevazioni fatte ai pm di Reggio Calabria da Francesco Belsito, l’ex tesoriere della Lega arrestato per ordine dei giudici milanesi il 24 aprile scorso. E’ il Corriere della Sera a riportare oggi gli interrogatori, attraverso cui i magistrati sono venuti a conoscenza di una fitta rete di finanziamenti occulti, trasferimenti di denaro al di fuori dei confini italiani e di alcune “talpe” che, prontamente, avvertivano i vertici del Carroccio delle indagini in corso e dei successivi controlli. “Sapevano che arrivavano le perquisizioni prima e hanno cambiato le targhe delle stanze dove c’era la contabilità con i nomi dei deputati e senatori”, dichiara l’ex tesoriere, che però dice anche di non conoscere l’identità delle talpe. “Io questo non lo so, ma sapevano benissimo, perché io ho avuto un bisticcio con Castelli e lui mi ha detto ‘ci sono tre Procure che indagano’. Era il mese di febbraio, quando trattavamo il rientro dei soldi, lui voleva le mie dimissioni e aveva detto che c’erano”, spiega Belsito. “Io gli ho risposto e gli ho detto, ma sei un cartomante? O fai parte anche tu del sistema? Come fai a sapere? Perché tre Procure non una, non due?”. Come riporta ancora il Corriere della Sera, Belsito parla anche della guerra interna al partito e del fondo spostato in Tanzania: “Io avvisai Bossi che c’era una raccolta fondi, sempre voci di partito, lettere anonime, dove determinati esponenti, importanti imprenditori, stavano foraggiando l’iniziativa nel Nord, cioè rafforzare l’assetto della Lega nel Nord. E dove, in queste cene con l’imprenditoria importante Roberto Cota, Luca Zaia, Roberto Maroni incontrarono soggetti, ma non imprenditori improvvisati, gente di livello nazionale e dove stavano facendo una raccolta fondi. Ma il partito non c’entrava nulla, e non c’entrava niente”. “Volevano costituire una Fondazione – aggiunge l’ex tesoriere -. Quindi c’erano due tipi di Fondazioni che volevano essere costituiti in Lega. Una la volevamo costituire noi come Lega, quindi la Lega vera. È questa che doveva finanziare degli eventi politici”. Si andava dunque costituendo “un soggetto autonomo. Tanto è vero che la preoccupazione di Bossi era quella: se rompiamo dobbiamo essere in grado di fare campagna elettorale. Ed ecco lì il motivo del Fondo. Lo spostamento del Fondo in Tanzania. Lui voleva un tesoretto per affrontare… disponibile… quindi iscritto a bilancio”.