In tutta Italia, ha votato solo il 62,4 per cento degli aventi diritto. A Roma, capitale del Paese ma anche centro nevralgico di tutto ciò che riguarda la politica, il 52,81. Peggio non poteva andare. Che fine hanno fatto milioni di voti? Erano tutti distratti dal derby, come ha detto Alemanno? Lo abbiamo chiesto a Gianfranco Pasquino, professore di Scienza Politica presso l’Università degli studi Bologna.



Perché tanta gente  rimasta a casa?

L’astensionismo è un fenomeno complesso che non si può esaurire in un’unica ragione. Una delle motivazioni dell’entità che il fenomeno ha assunto in questa tornata consiste, indubbiamente, nella disaffezione dei cittadini. Che, molto probabilmente, si sono stufati di continuare a sentir parlare di politica. Del resto, dalle elezioni del Parlamento ad oggi,  ne hanno visto di tutte i colori. Non ne possono più. Hanno raggiunto il livello di saturazione. E hanno deciso di respingere quest’ultima “portata aggiuntiva quasi fossero infastiditi. Qualcuno, tra questi, ha deciso di protestare standosene lontani. I partiti, dal canto loro, si sono dimostrati incapaci di riuscire a mobilitare gli elettori come non mai.



Chi sono gli astensionisti?

Tradizionalmente, gli studiosi hanno sempre sostento che l’astensionismo, in Italia, fosse un fenomeno che caratterizza la destra, mentre gli elettori di sinistra sono mediamente leggermente più informati, inclini a partecipare, e avvertono maggiormente l’esigenza di esprimere il proprio voto. Questa volta, il quadro è in parte cambiato per l’avvento dell’M5S. I voti che aveva strappato a destra e a sinistra, in questa tornata sono stati rilasciati per ingrossare le fila del non voto.

Non crede che la formazione di un governo post-democristiano di larghe intese e la rielezione di Napolitano abbiano pesato sulla scelta degli astensionisti?



Non direi. Anzi. Al governo e a Napolitano viene, per lo più, riconosciuta una certa capacità di preservare la stabilità.

E l’inefficacia dei grillini in Parlamento?

Questo, indubbiamente, può aver pesato. Molti di quelli che avevano votato l’M5S convinti che rappresentasse un’offerta adeguata alle loro esigenze, sono rimasti delusi dell’incapacità dei grillini di agire. E, semplicemente, hanno deciso di non votare né il 5 Stelle, né nessun altro partito.

 

Se consideriamo, da un lato, l’affermazione dell’M5S alle Politiche e, dall’altro, l’elevato astensionismo alle Amministrative, possiamo affermare che la maggiore parte degli italiani non creda più nella democrazia?

Mi sembra un’affermazione esagerata. Diciamo che la maggior parte degli italiani non considera certe elezioni meritevoli del loro tempo, della loro energia e della loro attenzione. E sceglie di non votare. Ma, se qualcuno dovesse far loro un’offerta alettante, tornerebbero sui loro passi.

 

Roma ha sempre vissuto di politica. Il fatto che qui l’astensionismo abbia prevalso è grave più che altrove?

Non necessariamente. Significa, anzitutto, che il centrodestra non è stato capaci di mobilitarsi a sostegno del suo sindaco, proponendo qualcosa si sufficiente attraente per i suoi elettori. La vicinanza della Capitale al potere politico ha, indubbiamente, rappresentato per molti elettori un aggravante.

 

Perché, in ogni caso, il centrosinistra ha vinto pressoché ovunque?

Perché il Pd ha pur sempre un’organizzazione radicata sul territorio. Magari non più forte sul territori, ma comunque più forte di quella delle organizzazioni rivali. Insomma, il Pd è ormai l’ultimo partito che sta in piedi. 

 

Eppure, la campagna elettorale di Marino e quella di Debora Serracchiani è stata fatta a prescindere, se non addirittura “contro” il suo stesso partito

Entrambi hanno la capacità di attrarre consensi e, indubbiamente, questo rappresenta un valor aggiunto. Tuttavia, i voti di Marino superano solo leggermente quelli della somma delle liste che lo hanno sostenuto. Insomma, a Roma il Pd vince perché ne ha la capacità. E lo ha dimostrato con le Regionali.

 

Ora, secondo lei, cosa accade?

A Roma, salvo miracoli, la rimonta di Alemanno è pressoché impossibile. Nel resto d’Italia, vanno tenute d’occhio due città: Brescia e Treviso. Se Paroli (Pdl) e Gentilini (Lega) dovessero risultare sconfitti – il che è possibile – si tratterebbe, per la destra, di un segnale estremamente pericoloso.

 

(Paolo Nessi)