Cosa vuol fare Renzi da grande? Dice che, per il momento, la segreteria del Pd non gli interessa, ma spiega al futuro leader che connotati dovrà avere (dovrà essere «gentile con gli italiani» e «dovrà essere un navigatore in mare aperto,non un traghettatore»); sostiene di non voler esacerbare la contrapposizione con Letta, ma non perde occasione per attaccare il governo. Dopo il blitz di Giacchetti, il deputato Pd renziano che ha promosso una mozione per abolire il procellum e tornare al mattarellum, nonostante il parere contrario dell’esecutivo, ha esortato: «Abolite il Senato e fate la riforma elettorale, oppure vuol dire che vivacchiate. E così non ci salva neanche Rambo». Abbiamo chiesto a Peppino Caldarola, giornalista a scrittore, cosa sta passando nella testa del sindaco di Firenze.
Qual è il senso delle mosse di Renzi?
Credo che ancora non abbia chiaro che stratega seguire. Ma che, piuttosto, sia condizionato da molte preoccupazioni. Anzitutto, teme che la prospettiva di un governo che riesca a prolungare la sua vita proprio grazie al suo vivacchiare, potrebbe fare impallidire il proprio disegno di affermazione. Teme anche il contrario: ovvero, che il successo di Letta possa creargli un avversario pericoloso nell’eventuale corsa per la guida del partito.
E’ un’ipotesi verosimile?
Direi di no. Non credo che Letta, dopo aver guidato un governo di coalizione, possa mettersi a capo di una campagna elettorale in cui polemizzi duramente con coloro con i quali ha governato fino al giorno prima. Resta il fatto che tutte queste considerazioni rendono Renzi particolarmente nervoso e presenzialista. Vanno lette in tal senso le incursioni dei suoi.
E il blitz di Giacchetti?
La vicenda di Giachetti è da interpretarsi tenendo presente quanto il tema delle legge elettorale sia caldo. Lui e Renzi vogliono, anzitutto, dimostrate all’opinione pubblica di essere i più coerenti sostenitori della necessità del cambiamento. Inoltre, la riproposizione del mattarelum include la difesa di una logica maggioritaria e dell’alternanza. Il contrario di quelle prevista dal porcellum rivisto, l’ipotesi che sembra piacere di più al governo, dato che renderebbe, di fatto, permanente la grande coalizione (infatti, non ci sarebbe mai un chiarovincitore). Oltretutto, Renzi ha ben presente la diatriba interna al Pd tra proporzionalisti e maggioritaristi e pensa che intestandosi la battaglia a favore del maggioritario possa coinvolgere le truppe di Veltroni, D’alema, Prodi e i “nativi” del Pd.
Queste operazioni sortiranno l’effetto voluto o la stella di Renzi inizia ad apparire sbiadita?
Obiettivamente, calca le scene ormai da diverso tempo, e il rischio di un appannamento esiste, eccome. Se, all’epoca, esordì con in fuochi d’artificio, ora appare più cauto; se si era proposto come il leader Pd più liberista, ora cerca il dialogo con la sinistra interna. Insomma, anche da questo punto di vista il suo problema resta l’assenza di una strategie. E’ incomprensibile, d’altro canto, la ragione per cui rifiuti di candidarsi ala guida del Pd. Una battaglia che potrebbe vincere e che potrebbe proiettarlo alla corsa per la premiership.
Finora ha detto che non vuole candidarsi per evitare il dualismo con Letta.
Eppure, le cronache di ogni giorno ci dicono che è lui stesso ad alimentarlo.
Quindi?
Tutto ciò rivela insicurezza. Renzi sa di poter padroneggiare la scena mediatica quando deve incalzare altri. Ma, nel momento in cui deve farsi inseguire sui contenuti, è meno convinto e convincente. In fondo, è lo stesso schema di Berlusconi e Grillo. Il problema è che in questo Paese mancano le persone che vogliono governare. Non si può essere sempre partito di lotta e di governo.
Tuttavia, considerando che i suo “nemici”, da D’Alema alla Finochiaro, sono vivi e vegeti, quante chance avrebbe di prendere in mano il Pd?
Nel Pd sta prevalendo l’idea del pimum vivere. Se la sua candidatura si presentasse come quella di chi ha più chance di vincere contro Grillo e Berlusconi, oggi, in molti lo accoglierebbero a braccia aperte. Non è il Pd che non vuole Renzi. E’ Renzi che ha paura di prendersi il Pd.
(Paolo Nessi)
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