La concordia che ha contraddistinto i primissimi giorni del governo Letta rischia di esser messa in discussione. Il clima, alla periferia dell’esecutivo, si sta arroventando. Alcuni episodi indicano come in molti settori della maggioranza parlamentare dominino ostilità e insofferenza. La Convenzione per le riforme, con ogni probabilità, è stata accantonata. Non solo e non tanto perché Berlusconi, da un giorno all’altro, è passato dal rivendicarne la presidenza a giudicarla un organismo inutile. Contestualmente, va registrata l’incapacità del Pd di tenere fede ai patti. Francesco Nitto Palma era il presidente designato della commissione Giustizia del Senato. Un gruppuscolo di parlamentari democratici si è sentito in diritto di votare scheda bianca ad ogni votazione. Su tutto, aleggia la spada di Damocle dei processi a carico di Berlusconi. Nell’ambito del caso Mediaset è stato condannato a 4 anni. Manderà, a questo punto, tutto all’aria? Abbiamo fatto il punto sulla situazione con Antonio Polito, editorialista de Il Corriere della Sera.
Sembra che il progetto della Convenzione stia via via sfumando.
L’idea era nata assumendo un’altra prospettiva politica. Si trattava del doppio binario suggerito da Bersani: il primo sarebbe dovuto consistere nel governo da lui presieduto, il secondo in un organismo in cui fare assieme le riforme. Questo scenario non si è prodotto, perché i due partiti sono andati al governo insieme. La Convenzione, a questo punto, rischierebbe di complicare un dialogo che già avviene dentro il governo. Lo dimostrano i fatti: prima ancora di partire, si è innestata una polemica su chi avesse il diritto a rivendicarne la presidenza. L’organismo presenterebbe, inoltre, una serie di ostacoli costituzionali non indifferenti. Si affiderebbe, cioè, ad un entità non elettiva il compito di riformare la Costituzione in forma redigente. Il Parlamento, cioè, avrebbe il diritto di accettare o respingere in blocco i frutti del suo lavoro, ma non di emendarli.
Crede che Berlusconi abbia fatto considerazioni analoghe?
Probabilmente, ha tenuto presente il fatto che la Convenzione sarebbe stata un modo per garantire la durata del governo Letta. Il processo di riforme istituzionali, infatti, non può durare meno di 18 mesi. Senza la Convenzione, dunque, restano sul tavolo solamente alcune misure urgenti, quali la riforma elettorale, di natura decisamente più contingente. Non è escluso che Berlusconi stia svelando quello che molti sospettano, ovvero che stia partecipando al governo in maniera strumentale, pronto a staccare la spina non appena gli converrà.
Come giudica la vicenda legata all’elezione di Nitto Palma?
All’interno della stessa maggioranza, coloro che mal sopportano le larghe intese sono moltissimi. Qualunque incidente di percorso li rafforza. E le tre mancate elezioni, di per sé, rappresentano un incidente piuttosto grave. Un accordo tra i due maggiori partiti è, infatti, venuto meno. Il che introduce legittimi sospetti sulla consistenza degli impegni che il Pd si assume. Se alcuni parlamentari di una commissione possono seguire una linea differente da quella indicata dal partito, è ovvio che tutti i falchi sono legittimati ad affermare che il governo non può durare.
Perché il Pd non riesce a tenere fede ai patti?
L’incapacità del gruppo parlamentare di muoversi in maniera disciplinata è emersa in maniera ben più dirompente durante l’elezione del presidente della Repubblica, quando una leadership ancora esisteva. Esiste una profonda divisione tra quanti pensano che il compito del Pd sia quello di governare il Paese, e tra chi è convinto che il suo compito sia di impedire al Pdl di governare. Oltretutto, i gruppi sono composti in maniera mai vista finora: come affermava Amato, gran parte dei nuovi parlamentari sono assimilabili a “studenti fuori” corso che “leggono esclusivamente Twitter”. Una buona fetta, inoltre, risponde a gruppi di opinione collocati fuori dal partito, che è attualmente privo di una sua autonomia.
La nomina di un segretario pro-tempore potrebbe sanare le divisioni?
Un accordo tra i capicorrente per un traghettatore, non cambierà nulla. L’unica possibilità di ripartire consiste in una campagna congressuale in cui si affrontino le opzioni diverse, e ci si conti su documenti e personalità in grado di rappresentarli.
Cosa farà, a questo punto, Berlusconi?
L’unica possibilità che questa fase politica duri è che, come qualche segnale lascia sperare, scinda le sue vicende giudiziarie dalla lotta politica e decida di combattere la sua battaglia “alla Andreotti”. Ovvero, affidando la sua affermazione di innocenza al professor Coppi e alla Cassazione. Sarebbe la strada più ragionevole anche perché, da un lato, i nemici che un tempo avrebbero potuto chiedergli di dimettersi, oggi non potranno più farlo (non ha, ufficialmente, alcuna carica), dall’altro, la politica non ha alcun potere di condizionamento sulle decisioni dei giudici. Neppure il presidente della Repubblica potrebbe fare alcunché, mentre qualunque ipotesi di salvacondotto è velleitaria. Nominarlo senatore a vita, per esempio, non gli darebbe alcuna garanzia superiore a quelle di cui dispongono i senatori normali.
Secondo lei, cosa deciderà?
E’ impossibile sondare la sua psiche, come prevedere tutti i suoi calcoli di convenienza. Qual che è certo, è che molto dipenderà dall’atteggiamento che assumerà il Pd. Se alzerà il livello della provocazione, come in passato, e se in molti chiedessero, per esempio, di votare la sua l’ineleggibilità, lo scontro potrebbe aumentare fino alla rottura.
(Paolo Nessi)