Sarà il presidente del Consiglio Enrico Letta ad inaugurare l’edizione numero 34 del Meeting di Rimini. Tornando lì dove tutto è iniziato. Dove la formula delle larghe intese, spesso derubricata banalmente come inciucio, è stata invece nobilitata, teorizzata e auspicata dal celebre discorso di Giorgio Napolitano di due anni fa. Non a caso diventato l’appendice del suo libro sul settennato. E, non a caso, accanto al presidente della Repubblica intervennero in quell’occasione proprio l’attuale premier e l’attuale ministro delle Infrastrutture Maurizio Lupi, “motori” dell’Intergruppo parlamentare della sussidiarietà, incubatore di questa impostazione cui il Quirinale ha fatto ricorso come si fa con un motore di riserva, quando il motore tradizionale del Parlamento si è inceppato.
Ci vorrebbe una maggiore consapevolezza da parte dell’opinione pubblica del fatto che l’attuale maggioranza, nella sua anomalia, è tuttavia il risultato quasi naturale di una truffa collettiva perpetrata ai danni dell’elettorato, dalla quale nessun partito ha avuto la capacità di sottrarsi, da Scelta civica a 5 Stelle, passando per i due maggiori partiti tradizionali. Ossia la richiesta all’elettorato, da parte di tutti, proprio tutti, di un voto per poter poi fare da soli, indicando il resto del mondo come nemico, laddove l’evidenza dei fatti di una Repubblica parlamentare imporrebbe un linguaggio di verità, del tipo: questa è la nostra impostazione, poi in base ai voti ottenuti in Parlamento dovremo verificare le possibili alleanze. Finché c’è questa Costituzione, giusta o antiquata che sia non sta a noi dire, è questa l’unica verità da raccontare, ed è comunque in ogni caso la verità venuta fuori dalle urne: nessuno può fare da solo e deve dialogare quindi con i “nemici”. È toccato quindi a una persona mite, responsabile e attrezzata, come l’attuale premier, riprendere in mano il bandolo della matassa, riannodando le ragioni della responsabilità presenti in quota diversa in tutti i partiti tradizionali.
Le ristrettezze di cassa al momento non hanno consentito che un provvedimento come quello varato venerdì scorso, che libera energie e risorse praticamente a costo zero, “ravanando” all’interno dei singoli dicasteri alla ricerca di mille sacche di inefficienza, e speriamo che gli effetti in direzione dello sblocco di grandi opere, creazione nuovi posti, premialità per studenti meritevoli e ricercatori, e quant’altro, diano i loro risultati. Sperando nel contempo che il freno agli eccessi di Equitalia non porti a un’inversione di tendenza, laddove è pur sempre i furbi che bisogna perseguire e non chi li scova, visto che l’attuale inaccettabile livello della tassazione per le persone corrette è anche il prodotto della furbizia altrui.
Ma i veri nodi politici sono rinviati: le risposte dovranno venire nello scenario europeo (dove finalmente qualcosa sembra muoversi nella giusta direzione, anche – va detto – su iniziativa proprio del nostro governo) e nello scenario interno, dal lungo tira e molla su Iva, Imu e tagli che non si riesce a effettuare. Altri modi per reperire risorse, oltre alle solite sigarette (ora per di più passate pure di moda) e benzina non ce ne sono. E sull’Imu la sensazione è che giocoforza oltre una rimodulazione non si potrà andare, il Pdl − se non vuole nemmeno l’aumento dell’Iva − dovrà farsene una ragione. Ma se così è perché nessuno, vien da chiedersi, affaccia una proposta di buon senso, esentando in base ai carichi familiari solo le famiglie con figli? O non è pur sempre ai tempi d’oggi un privilegio per un single possedere una casa di proprietà senza familiari da mantenere? Purtroppo, invece, il reddito percepito di cui molto si parla lo sanno tutti che non costituisce in Italia un parametro oggettivo cui far ricorso per una vera equità, visti i troppi furbi in circolazione, poveri solo per i dati dell’anagrafe tributaria.
Ora, il cammino del governo Letta ha avuto un grande sostegno indiretto dall’esito della scorsa tornata amministrativa. Nel Pd il risultato eccellente della battaglia sui sindaci toglie argomenti ai tanti che per diverse ragioni o personali ambizioni consideravano sbagliato, e penalizzante, aver accettato una collaborazione con il partito di Berlusconi. Al contrario, gli elettori se non hanno gradito quanto meno hanno mostrato di non esserne particolarmente scandalizzati. I partiti che, al contrario, hanno investito sulla lotta dura a questo governo sono allo sbando, vedi la Lega e vedi soprattutto 5 Stelle. Quanto al Pdl questo voto evidenzia una situazione del partito certamente non rassicurante a livello locale, e soprattutto il Cavaliere è preoccupato della crisi del Carroccio, tutte cose che allontanano la tentazione che pure aleggiava ogni tanto del voto anticipato, una volta staccata la spina al governo Letta. Che così ne trae vantaggio. Tanto più che ora si affaccia l’ipotesi della scissione grillina ad alimentare prospettive alternative di una nuova alleanza a sinistra, vero incubo dei pidiellini che credono alle larghe intese. Non a caso ecco il nuovo intervento di Berlusconi che, a tacitare i falchi (Ghedini, Verdini) e gli oscillanti (Santanché e Brunetta) tiene la barra dritta sull’alleanza delle larghe intese.
Ma c’è un ma. Mercoledì è attesa una sentenza della Consulta da far tremare le vene ai polsi. Chiamata a giudicare sul legittimo impedimento chiesto e non accordato per il processo Mediaset, la Corte costituzionale avrà l’ingrato compito di scegliere fra la conferma della condanna per Berlusconi (con pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici) e la riapertura del processo che verosimilmente vorrebbe dire prescrizione.
E il dramma è che nel 2013, a 20 anni dall’inchiesta che si riproponeva di riportare le mani pulite nelle istituzioni, il futuro anche di questo governo fondamentale per le sorti del Paese, dipende ancora dagli esiti processuali. Berlusconi prende tempo, chiede a tutti, persino ai suoi giornali, di avere prudenza, e lui per primo ne fa uso, chissà, forse anche per scongiurare accanimenti da parte di una Consulta che considera in larga misura a lui avversaria.
Quel che accadrà dopo mercoledì è difficile da prevedere. Nel Pdl ognuno scommette a modo suo, intanto, e si vede. Noi scommettiamo invece, ancora una volta, sulla buona stella dell’Italia. Cioè che la follia non prenda il sopravvento e prevalga invece un soprassalto di bene comune. In fondo lo sgretolamento in pochi mesi della via d’uscita grillina, crea un tesoretto, all’interno dell’opinione pubblica, un bacino d’utenza cui guardare dedicandosi con zelo al recupero di consensi nell’elettorato deluso. Anche da chi aveva indicato una strada che i fatti hanno mostrato non portare da nessuna parte. Con buona pace di Beppe Grillo che, da comico, sembra esser diventato in questi giorni un eroe tragico.