Il Movimento 5 Stelle finirà come L’Uomo Qualunque di Guglielmo Giannini, l’”anti-partito” che alle elezioni del 1946 per l’Assemblea Costituente conquistò un milione e 211.956 voti. Di impronta populistica, Giannini propugnava l’idea di uno Stato tecnico che fungesse da organizzatore di una folla e non di una nazione. Fautore dell’anti-politica ante litteram, per L’Uomo Qualunque come presidente del Consiglio “basta un buon ragioniere che entri in carica il primo gennaio e se ne vada il 31 dicembre. E non sia rieleggibile per nessuna ragione”. Come sottolinea Calogero Mannino, ex democristiano e cinque volte ministro tra il 1982 e il 1992, rispetto a Giannini, Grillo rischia di avere una vita molto più breve.



Come si spiega lo sfaldamento del M5S a quattro mesi dal suo successo alle elezioni politiche?

Nella storia della prima repubblica c’è stato un partito con il quale si può confrontare l’esperienza del Movimento 5 Stelle, L’Uomo Qualunque di Guglielmo Giannini. Non si sfaldò in quattro mesi, ma in meno di due anni. L’uno e l’altro sono stati movimenti di protesta e di contestazione, legati alla forza e alla debolezza di un unico leader. Si tratta di partiti politici qualunquisti, senza basi ideologiche, affidate soltanto all’onda lunga della protesta e del dissenso. Per neutralizzare L’Uomo Qualunque fu necessario che De Gasperi attuasse una strategia politica molto complessa, per la verità non contrastata dal Pci di Togliatti.



Quali sono le differenze tra lo sfaldamento del M5S e de L’Uomo Qualunque?

L’Uomo Qualunque si collocava in un quadro di forze politiche che avevano attraversato una lunga storia. Era una storia fatta anche di contraddizioni e di drammi. Basti pensare alla scissione di Livorno del 1921, che vide formarsi da un unico ceppo un Partito Socialista e un Partito Comunista. Entrambi soccombono al Fascismo, che all’inizio ebbe una parabola simile all’Uomo Qualunque e al M5S, ma che in realtà era sostanzialmente diverso.

In che senso?

Giannini e Grillo alle loro spalle non hanno né una loro storia né appartengono alla storia, mentre gli altri partiti avevano un riferimento dottrinario, con tutte le contraddizioni e i superamenti, nonché un riferimento ideologico, la cui stagione si sarebbe conclusa. I partiti della prima Repubblica finiscono nel momento in cui al di là di Tangentopoli, mafiopoli, congiure diverse, si esaurisce la ragione politica che nasceva dalle ideologie.



Eppure in diverse occasioni è emerso come non solo l’M5S, ma anche Pd e Pdl siano senza bussola …

Oggi il Pd e il Pdl, sul piano della funzione storico politica, sono partiti “esauriti” e non soltanto “stressati”. Non hanno una prospettiva, perché l’uno e l’altro si fondano soltanto su una leadership. Resistente e consolidata quella di Berlusconi, incerta e altalenante nel Pd. L’incertezza della leadership sottintende che il Pd non ha riferimenti né di pensiero né di dottrina politica. E’ quindi un partito che sembra una sorta di concentrazione transeunte.

 

Da quale momento il partito di centrosinistra è entrato in crisi?

Dal 1992 i post-comunisti non hanno saputo quale rotta seguire, perché hanno escluso l’unico lido al quale dovevano approdare, e cioè il socialismo. Da quel momento in poi hanno iniziato a seguire farfalle sotto l’arco di Tito, e non sono mai riusciti a coagulare attorno a un’ipotesi e a un progetto politico. Tra il 1992 e il 1994 Occhetto, D’Alema e Veltroni avrebbero dovuto dire: “A Livorno ci siamo separati, oggi c’è una ragione nuova per ripartire insieme in un contesto diverso”. Non volendo essere socialisti, si sono trovati a essere un bel niente, cosa che sono ancora oggi.

 

In molti nel Pd guardano ancora a D’Alema …

La leadership parcellare di D’Alema, che sembrerebbe essere l’unico strutturato nel Pd, è zoppa e manca del suo riferimento storico. In questa situazione i partiti politici devono trovare le loro radici nella complessità della storia italiana, che è parte della storia europea. Non a caso in Francia, in Germania, in Belgio, nei Paesi Bassi e in Spagna esistono un Partito Socialista e un Partito Popolare. Non si riesce a capire perché in Italia ci debba essere il Pd con il leader di turno e dall’altra parte soltanto un imprenditore che ha organizzato un movimento di resistenza che trova il suo alimento nell’assurda contestazione che subisce per via dei grandi processi. La sequela di processi a carico di Berlusconi diventano inevitabilmente una sequela costitutiva della sua forza politica.

 

(Pietro Vernizzi)