Man mano che si avvicina la scadenza del primo luglio, la navigazione del governo si fa sempre più difficoltosa e la navicella guidata da Enrico Letta rischia davvero di andare a sbattere nel passaggio fra lo Scilla/Pdl ed il Cariddi della dura legge dei conti. I soldi non ci sono, ma per il partito di Berlusconi il nodo fiscale va tagliato con un colpo di spada. Un nodo gordiano, insomma, inestricabile, ma che si può sciogliere solo con un atto di forza.
Il premier il quasi ultimatum del suo vice proprio non se l’aspettava, raccontano i suoi fedelissimi, anche se è perfettamente coscio che sulla cancellazione dell’aumento Iva, come dell’Imu sulla prima casa il Pdl non è disposto a transigere, specie in un momento di grande debolezza, visto lo slalom fra le scadenze giudiziarie che il Cavaliere ha appena cominciato con la pronuncia, sfavorevole, della Corte costituzionale sul legittimo impedimento.
Dalle parti di palazzo Chigi si preferisce evitare i commenti ufficiali per non alimentare ulteriormente una tensione salita all’improvviso al di sopra del livello di guardia. Sono Dario Franceschini e Stefano Fassina a replicare all’affondo di Alfano. Se il vicepremier brandisce la minaccia della caduta del governo in caso di aumento dell’Iva, il ministro per i rapporti con il parlamento e il viceministro all’Economia rispondono sottolineando da una parte che nessuno vuole aumentare le tasse, ma aggiungendo che nessun diktat è accettabile. Anzi, la sfida ad Alfano è collaborare a trovare una soluzione che al momento non c’è. Del resto è paradossale che il vicepremier attacchi un governo di cui fa parte.
Letta e Saccomanni, intanto, lavorano alle ipotesi possibili. Servono una decina di miliardi per Iva, Imu e Tares, una cifra tutt’altro che facile da trovare, checché ne dica Berlusconi. Il tempo stringe. Il consiglio dei ministri è fissato per mercoledì, stesso giorno della direzione Pdl. E in quell’occasione i ministri dovranno approvare anche il piano nazionale per l’occupazione giovanile con cui Letta ha già fatto sapere di volersi presentare al vertice europeo, a Bruxelles il giorno successivo. E anche qui servono risorse, perché il piano abbia un minimo di credibilità e consenta al premier di chiedere che anche l’Europa faccia la sua parte.
Nei corridoi dei palazzi romani si parla di un probabile vertice di maggioranza entro martedì per trovare una soluzione e non è escluso che al momento la contesa finisca senza vincitori né vinti: una delle ipotesi più accreditate è che per il momento si arrivi ad un rinvio dell’aumento Iva. Esattamente come è avvenuto per l’Imu.
L’estate si preannuncia rovente fra Palazzo Chigi e via XX Settembre, perché bisognerà mettere a punto una riforma complessiva non solo della tassazione sugli immobili, ma un po’ di tutto il comparto, con il fiato sul collo dei sindacati, che con la manifestazione unitaria hanno fatto capire che la situazione dell’occupazione non può aspettare e che si attendono una correzione di rotta sull’Imu, cioè che sia mantenuta per i redditi più alti e gli immobili di pregio, così da recuperare risorse per occupazione e ammortizzatori sociali.
Non sarà affatto facile in questo clima che il governo riesca a rimanere in linea di navigazione, anche se letta farà di tutto per riuscirci, per dare risposte concrete, una dopo l’altra. Gli sarebbe molto utile una robusta sponda europea, ma dalle parti di Palazzo Chigi ogni giorno che passa le attese per il vertice europeo vengono sempre più ridimensionate.
Il vero pericolo per l’esecutivo viene però dalle vicende giudiziarie di Berlusconi: Il Cavaliere assicura che non avranno ripercussioni sul governo, ma la sindrome da accerchiamento spinge i suoi ad accrescere la pressione, perché si approvino i provvedimenti bandiera della campagna elettorale del centrodestra. L’imperativo categorico è quello di sempre, il no a nuove tasse. Ma nel decreto “fare” potrebbe essere inserito un aumento delle accise sulla benzina. E questo il Pdl farebbe davvero fatica a digerirlo. Letta è avvisato, e non potrà certo dormire sonni tranquilli.