Avrà i suoi torti, ma pure un livello massimo di sopportazione. Oltrepassato il quale, tutti si chiedono: cosa farà? O, meglio, cosa sarà indotto a fare dall’istinto che, per allora, avrà preso inevitabilmente il sopravvento? Berlusconi potrebbe far saltare il governo, con tutto quello che ne conseguirebbe a livello di crisi, occupazione, valutazioni dei mercati, immagine internazionale e via dicendo. Oppure no. Per il momento, non ha ancora minacciato seriamente di sottrarre i suoi alla maggioranza. Ma è anche vero che non ha ancora subito una condanna definitiva che, in ogni caso, potrebbe ben presto arrivare. E a quel punto, cosa ne sarà dell’Italia? Anzi, c’è da chiedersi se i pronunciamenti dei giudici non abbiamo già di per sé inaugurato un nuovo corso. Ne abbiamo parlato con Fabrizio Rondolino, giornalista e scrittore.



Secondo lei, da qui a breve, come si comporterà l’ex premier?

Al netto di novità improvvise, e di smentite dell’ultimo minuto, se seguiamo la logica degli ultimi mesi e degli ultimi anni non ci saranno conseguenze devastanti. I falchi avranno molta voce in capitolo in questa fase, e contribuiranno a costruire l’immagine di un Berlusconi perseguitato che tenta in tutti i modi di pacificare un Paese, mentre i giudici glielo impediscono. Tutto questo alimenterà la sua immagine, ma non comporterà effetti rovinosi sul governo.



Perché no?

Perché, al momento, è più conveniente stare al governo che all’opposizione. E, benché la rielezione di Napolitano sia legata ad un patto di massima su questa maggioranza e su nessun’altra, c’è pur sempre lo spettro della nascita di un governo che riesca a ottenere la fiducia grazie al voto dei dissidenti grillini.

Che Italia disegna la decisione dei giudici?

Un’Italia nient’affatto diversa da quella degli ultimi vent’anni,  ma un Paese dove, a seconda dei punti di vista, un brigante ha dominato la scena politica, o un grande statista è stato messo fin dall’inizio nel mirino della magistratura, che ha fatto di tutto per impedirgli di governare. Vede, questa sentenza, al di là del merito (che, in ogni caso, appare quantomeno discutibile) non è condivisibile perché sollecita gli istinti peggiori dei falchi di entrambi gli schieramenti. Alimenta, cioè, la parte più turpe delle fazioni in gioco. Da un lato, sarà raccontata la favola della vittima sacrificale: se gli eccessi della magistratura sono di fronte agli occhi di tutti, Berlusconi non può di certo essere dipinto come San Francesco; dall’altro, parte della sinistra accuserà quella più moderata di aver stretto un patto con il peggiore dei criminali. Insomma, i pronunciamenti dei giudici reiterano la vecchia Italia, piuttosto che delinearne una nuova. 



Stiamo, tuttavia, discutendo mentre ancora non è stata emessa una sentenza definitiva. Cosa accadrebbe se una, due o tre condanne (Mediaset, Ruby, Lodo Mondadori) passate in giudicato decretassero la morte politica di Berlusconi?

Il fatto, è che politicamente non morirà per mano della magistratura. In linea di massima, sono possibili due opzioni. La prima è quella del salvacondotto: un perdono, la pacificazione, l’amnistia, che dir si voglia. Ovvero,un provvedimento che chiuda, in un modo o nell’altro, tutti i suoi casi giudiziari. Si tratterebbe di una misura estremamente complicata dal punto di vista politico, giuridico e istituzionale ma che, soprattutto, richiederebbe un passo indietro – volontario – da parte sua. Nessuno si farebbe male, e un ciclo si sarebbe definitivamente chiuso. La seconda, è quella della prosecuzione della battaglia: l’interdizione dai pubblici uffici non gli impedirà di certo di continuare ad essere il capo del suo partito, tenere comizi o andare in tv.

 

L’interdizione no, ma 11 anni di galera (4 per il caso Mediaset, 5 per il caso Ruby) sì.

A parte che è troppo vecchio per andare in galera. Ma, anche laddove gli fosse comminata una qualche forma di pena detentiva, continuerà a lottare. Farà come Gramsci o Mandela, e continuerà a fare il capo del centrodestra. Finché le forze glielo consentiranno insisterà nella sua battaglia: scrivendo, parlando, facendo lo sciopero della fame, inventandosi qualunque cosa.

 

Lei escluderebbe l’esilio volontario?

Sì. Per il carattere del personaggio, e perché, a quel punto, sarebbe in pericolo il futuro delle sue aziende, dei suoi figli e dei suoi dipendenti.

 

Come si comporterà la sinistra considerando oltretutto che il 9 luglio si voterà l’ineleggibilità di Berlusconi?

Osservando le reazioni di questi giorni, l’impressione è che stia prevalendo la ragionevolezza. Non vedo accanimento. La farsa dell’ineleggibilità consentirà, al limite, ai grillini e qualche piddino di andare sui giornali.

 

(Paolo Nessi)