Le dimissioni di Gino Capelli, assessore al Bilancio della giunta 5 Stelle di Parma dopo solo un anno di lavoro sui conti del Comune, non rientravano tra i tanti scenari previsti e prevedibili per Pizzarotti e i suoi. E’ una di quelle notizie che, come si dice, spiazzano. L’addio del “salvatore della Patria”, dell’uomo chiamato a rimettere in carreggiata i conti, per i grillini ducali è una doccia fredda che la voce rotta e le lacrime trattenute a stento dal capogruppo 5 Stelle nel giorno dell’annuncio hanno fotografato perfettamente. Con Capelli, Pizzarotti non perde solo lo stimato professionista esperto di situazioni critiche e fallimentari, ma anche l’uomo (per quanto schivo e riservato) di immagine e di garanzia rispetto alla città e ai suoi mondi economici, solitamente abbastanza diffidenti nei confronti dei 5Stelle.
Prevedibilmente, ognuno ha la sua spiegazione dietrologica. “Non gli bastano 2.000 euro al mese. Questi grillini sono proprio come gli altri!” “Si arrendono!” “E’ il fallimento di Pizzarotti!” “Dietro ci sono profondi dissapori!” “Siamo sull’orlo del crack e se ne vuole tirar fuori!”. Questo purtroppo è il livello del dibattito politico in città. Ce ne dovremo fare una ragione. Ma c’è un fatto rimasto ai margini del teatrino-politico mediatico di questi giorni. E’ già stato detto che Marco Ferretti, stimato docente ed esperto di Economia Pubblica dell’Università di Parma, scelto da Pizzarotti come successore di Capelli, viene dal variegato mondo del civismo parmigiano che sosteneva la passata amministrazione. E’ stato consigliere di maggioranza in un Consiglio di quartiere e ha lavorato al bilancio partecipativo del Comune negli anni di Vignali. Ha anche chiarito di aver espresso già ai tempi perplessità su come la sua maggioranza intendeva la politica di bilancio dell’Ente. Insomma, ha fatto politica e si è occupato di cosa pubblica con “quelli là”.
Al di là delle polemiche di un’opposizione che riesce quasi sempre a far apparire Pizzarotti e i suoi come dei titani, mi sembra che un bel pezzo di notizia stia qui. Non solo perché è difficile che i 5 Stelle si fidino di persone che non appartengono al loro ristrettissimo circolo chiuso, ma perché la scelta di un uomo chiave dell’Amministrazione avviene in partibus infidelium. Laddove, nella retorica dei 5Stelle ducali, regnavano fino a ieri solamente i peggiori vizi della vecchia politica. Dove tutto era manipolazione, corruzione, malafede. Fino a ieri, appunto.
Pizzarotti ha sicuramente compiuto un passo più carico di significati di quel che pensava e ha dimostrato nei fatti di essere molto più laico delle sue stesse abituali dichiarazioni. Beata incoscienza? Forse. E’ presto per dire se si sia aperta una fase nuova e, molto probabilmente, dietro non c’è nessun calcolo politico nei confronti di quella parte (penso abbastanza ampia) del corpo elettorale che si riconosceva nel civismo e che oggi si ritrova orfana di rappresentanza politica locale. Una parte della quale ha votato e (in parte) voterà ancora Pizzarotti e i 5stelle.
Da oggi però sarà difficile insistere nella rappresentazione di 15 anni di esperienza civica a Parma come il semplice paravento ideologico, politico e mediatico per l’attività di comitati d’affari para-mafiosi. Se si può affidare a un ex civico il bilancio comunale, si dovrà accettare almeno l’idea che, non tutti i protagonisti di quella stagione fossero canaglie. E che, nonostante la sua fine ingloriosa, il civismo parmigiano è stato anche il tentativo di gente in buona fede, preparata e perbene. Da oggi, parlandone, non si potrà più generalizzare, ma occorrerà iniziare a distinguere le mele dalle pere.