Caro direttore, tra le tante polemiche di giornata ce n’è una che merita di essere approfondita più delle altre. E non è né la cosidetta “questione kazaka”, con le annesse diatribe interne al Pd e alla maggioranza di governo, né la discussione sulle vergognose parole del ministro Calderoli sul ministro Kienge. 



Si tratta di un botta e risposta tra il parlamentare del Pd Pippo Civati, già consigliere regionale in Lombardia e attualmente candidato segretario alle primarie autunnali del partito, e quattro tra i più giovani parlamentari del gruppo dei democratici: Anna Ascani, Enzo Lattuca, Lia Quartapelle e Francesca Bonomo. Una questione se volete minore, ma che ha avuto per oggetto un tema che è in realtà il più importante di tutti, perché racchiude e condensa tutti gli altri: il ruolo del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano nella vicenda governativa e nella dinamica politica del Paese.



Civati ha utilizzato parole durissime, come raramente se ne sono sentite da esponenti del Pd all’indirizzo di Napolitano: “Finalmente è arrivata la prima riforma del governo Letta: il presidenzialismo. Dobbiamo riconoscere di avere oltre ad un presidente del Consiglio legittimamente votato dal Parlamento, un presidente della Repubblica che interviene nelle scelte quotidiane e settimanali ormai di questo esecutivo”. 

La risposta dei quattro giovani parlamentari è stata altrettanto netta: “le parole dell’On. Civati ci sembrano assolutamente fuori luogo, soprattutto perché qualsiasi uditore di buon senso avrebbe compreso che quello di Napolitano era un tentativo di richiamare l’attenzione delle forze politiche sulla necessità di dare stabilità al paese, affrontando le questioni dell’attualità, compresa la vicenda kazaka (definita inaudita dal Presidente), con serietà e senso di responsabilità. Sorprende, infine, che alla solerzia con la quale si evidenziano i problemi, non corrisponda altrettanto lavoro per risolverli: anche in questo caso infatti si leggono critiche e non proposte”.



Le critiche che i quattro parlamentari fanno a Civati sono giuste e puntuali, spiegando molto bene perché l’attacco del parlamentare di Monza è completamente fuori bersaglio. Ma, a mio modo di vedere, c’è un ulteriore problema nel ragionamento di Civati, probabilmente dettato dalla strumentalità della dichiarazione (con ogni evidenza più rivolta al governo che al dapo dello Stato). Ed è la mancata comprensione di quanto avvenuto nel nostro Paese negli ultimi tre mesi. Civati sbaglia, e molto, quando parla di “presidenzialismo”. Ma direbbe cosa giusta e innegabile se parlasse di “governo del Presidente”. Lo ha chiamato così Letta nel suo discorso per la fiducia alle Camere, lo hanno ribadito i leader dei principali partiti da aprile ad oggi, lo sostengono tutti gli osservatori. 

Lo ha chiamato così Letta nel suo discorso per la fiducia alle Camere, lo hanno ribadito i leader dei principali partiti da aprile ad oggi, lo sostengono tutti gli osservatori. Uno dei grandi problemi della nostra classe politica e della nostra opinione pubblica è la memoria: noi non possiamo dimenticarci di come è nato questo governo, del sacrificio chiesto ad un uomo di 88 anni, ultimo baluardo di credibilità della nostra politica. E, in ultima, vero e proprio garante della tenuta non solo del governo, ma delle nostre istituzioni. Sarebbe bene ricordarsi dell’abisso in cui eravamo giunti e dell’incapacità dei partiti di individuare una figura per il Colle. Napolitano in quel contesto ci ha salvato, e tutti quanti gli dobbiamo gratitudine. Grazie a lui, per il prestigio e la forza della sua figura, è stato possibile coagulare attorno ad Enrico Letta una maggioranza di governo, formata da partiti che spesso stentano addirittura a legittimarsi l’uno con l’altro. Senza il suo sostegno quotidiano e prezioso, il lavoro del premier e del governo sul fronte delle riforme istituzionali ed economiche diventerebbe impossibile.

Per questo è sciocco e dannoso, oltre che ingiusto, attaccare il presidente della Repubblica. Perché a Napolitano dobbiamo ancora quel briciolo di credibilità internazionale che abbiamo e perché a lui dobbiamo la soluzione, seppure complessa e ricca di incognite, di una delle fasi politiche più terribili e pericolose della nostra storia. E soprattutto perché in lui, oltre che nel premier Letta e nel suo governo, sono riposte le uniche speranze del nostro Paese di rialzarsi.

Giacomo Possamai – vicesegretario nazionale Giovani Democratici