“La memoria diminuisce, se non la si esercita” diceva Cicerone, ma la politica italiana, che raramente si ispira a Cicerone, ha una memoria labile e corta, anzi cortissima. Mario Monti stamattina ha rinfrescato la nostra memoria e le nostre coscienze, a partire da quella del presidente del Consiglio e degli alleati di governo che hanno nelle mani le sorti del Paese.



Monti ci ha ricordato, con schiettezza e lucidità, perché siamo lì al governo dell’Italia, un messaggio ai partiti di maggioranza uniti per la prima volta nella storia della Repubblica nella “grande coalizione”, e per fare che cosa, un messaggio ai cittadini ed elettori, che da questa maggioranza atipica si aspettano soluzioni durature e rinnovata fiducia nel futuro. Siamo lì per fare dell’Italia un Paese competitivo (non lo siamo più da almeno vent’anni) e che torni a svilupparsi e a crescere in maniera equilibrata, solidale e inclusiva.



Per farlo, questo governo dovrà essere rivoluzionario nel metodo, cioè imparare a separare la politica dei partiti dalle politiche dei governi, e radicalmente riformista nel merito, cioè infrangere alcuni tabù che da anni paralizzano la società italiana nei diversi mondi (lavoro, fisco, pubblica amministrazione, giustizia, istruzione), a partire ovviamente dalle priorità su cui le tre forze di governo si sono accordate (riforme istituzionali e riforma elettorale). 

Sono obiettivi ambiziosi e di lungo termine che richiedono coraggio, visione e il tempo di una legislatura per essere raggiunti. Sono obiettivi ambiziosi che impongono un’assunzione di responsabilità da parte di tutte le forze politiche coinvolte, quelle che sono determinanti per i numeri (Pd e Pdl) e quelle che sono determinanti per la coerenza delle scelte fatte sinora (Sc). Ho letto nelle parole del presidente Monti un richiamo politico chiaro e forte a questa responsabilità condivisa, di cui Scelta Civica è stata il primo, discreto quanto tenace sostenitore e su cui non c’è più tempo né spazio per tentennamenti o ambiguità.



Non mi intendo di filologia della Prima Repubblica, né la ritengo una materia appassionante. Perciò non escludo che alcuni autorevoli specialisti abbiano ragione nel cogliere in questi messaggi espressioni già sentite in altre epoche della storia politica del nostro Paese. La “verifica di governo” e la “cabina di regia”, di cui parlavano i capigruppo di Camera e Senato Dellai e Susta, suonano più come luoghi comuni del politichese nostrano (e come tali possiamo perdonarli), che non come arcaismi del linguaggio e dell’agire politico.

Quello di Monti, soprattutto del Monti di questi ultimi tempi, mi sembra piuttosto lo stile nuovo e innovativo di un leader che, come il suo partito “civico”’, non paga tributi al passato e predilige la dichiarazione di impegno per il futuro e per l’agenda di governo, con strumenti concreti e trasparenti (il contratto di coalizione). 

Alcuni hanno visto la “faccia feroce”, inopportuna e inattesa, nella richiesta di un cambio di passo da parte di Mario Monti e di Scelta Civica. Ma intanto il Presidente del Consiglio ha convocato un vertice di maggioranza per giovedì, con tanto di “cabina di regia”, raccogliendo lo spirito costruttivo e la voglia di realizzare il cambiamento strutturale di cui c’è drammatico bisogno in Italia e in Europa. 

“Cambiare l’Italia per cambiare l’Europa”, vorrei ricordarlo, era il nostro slogan in campagna elettorale, perché la situazione di crisi economica e sociale che l’Italia ha vissuto e continua a vivere in un’Europa stanca e rattrappita non cesserà, se non continuando a trasformare radicalmente le nostre istituzioni, il nostro modo di gestirle e la nostra mentalità. E questo no, non ce lo siamo dimenticato.