Continuiamo tenacemente a credere che non ci siano “circoli cospiratori” internazionali contro l’Italia. A costo di essere presi per “creduloni”, non pensiamo a complotti e a oscure manovre contro il nostro Paese. Riteniamo piuttosto che ci siano in Europa e nel mondo “portatori” di grandi interessi che ritengono utile, per loro naturalmente, un ridimensionamento dell’economia e dell’apparato produttivo italiano. E’ un processo che dura da venti anni (la tragicomica e cosiddetta “seconda repubblica” ne è la palese testimonianza) e che sta arrivando a un altro snodo cruciale dopo il periodo delle privatizzazioni selvagge, senza liberalizzazioni, fatte a uso e consumo degli “amici degli amici” e per garantire una cospicua percentuale al lavoro fatto dalle banche d’affari anglosassoni.
I “portatori” dei grandi interessi internazionali hanno bisogno di “basisti” italiani, o meglio di “poteri deboli”, rassegnati (se non addirittura speranzosi) a entrare in un’area di subalternità all’asse europeo franco-tedesco. Si tratta di un “piccolo establishment”, il residuato di quello che è rimasto della classe dirigente del Belpaese, che consapevolmente o inconsapevolmente alimenta i desideri di shopping e di subordinazione dell’Italia ai grandi interessi internazionali.
Al momento, il passaggio principale di questo snodo cruciale (che sarebbe una sciagura) è quello di creare un “vuoto politico” in Italia. Lo ha spiegato con molta chiarezza il presidente del Consiglio, Enrico Letta, dall’Inghilterra; ha dovuto ripeterlo ieri il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, neanche fosse un maestro che parla a una scolaresca indisciplinata, ammonendo che dopo Letta, ci sono pronte le urne e probabilmente le sue dimissioni.
Ma è possibile che nonostante le prese di posizione di Letta e del Presidente Napolitano, la “guerriglia”, contro il governo e per instaurare un completo “vuoto di potere” in Italia, continuerà. C’è il “partito di Repubblica” in pista, c’è una parte di Confindustria e poi ci sono gli “sgomitanti”, tipo “rottamatori” alla Matteo Renzi, oppure del tipo “inflessibili” come Civati e Puppato, tanto per citare quelli che ci vengono in mente. Poi ci sono una serie di ordini dello Stato che ormai giocano una partita in proprio, per difendere il loro potere e per porsi come nuovi referenti autoreferenziali in un futuro nuovo assetto di potere. E’ un fatto che, con un tempismo dovuto a strane convergenze astrali, si accumulano problemi su problemi.
Dall’ultimo week-end è arrivato nell’ordine il demenziale e squallido “caso Calderoli” prima, ma soprattutto l’affare Shalabayeva, i rapporti con il Kazakistan, che hanno provocato un incendio che non sarà facile circoscrivere neppure in futuro. Non va tuttavia dimenticato che nel “mazzo”, contemporaneamente, ci sono altri episodi tutt’altro che secondari e che non fanno certo fare una bella figura alla classe dirigente del Paese.
La famiglia Ligresti ad esempio, proprietaria della seconda compagnia di assicurazioni italiana, è stata arrestata al completo, padre e figlie, con l’accusa di gestire una grande impresa assicuratrice come una sorta di retrobottega di malaffare. Un altra tegola in testa è arrivata a Marco Tronchetti Provera, che si è beccato una condanna a venti mesi.



Il clima complessivo ci riporta all’inizio degli anni Novanta. Ci si chiede come mai siano emerse solo adesso le presunte manovre della famiglia Ligresti, che stando a quel che si legge sui giornali sarebbero state portate avanti per anni e anni. Se le accuse venissero confermate, non sarebbe il caso di verificare anche con quanto ritardo si siano mossi sia i cosiddetti regolatori che la magistratura?
E ancora, sarebbe irragionevole supporre che – se la condotta di Ligresti si rivelasse davvero non priva di macchie – l’affaire Fonsai (e derivati) non riguardi anche tanti altri protagonisti di quello che è stato il “salotto buono” della finanza italiana? Insomma, che sia per un “colpo di coda” di qualcuno dei protagonisti accerchiato in queste vicende, o per gli schizzi prodotti dalla “macchina del fango” (che sta già scaldando il motore) in un mondo dove tutti si conoscono e hanno stretti rapporti reciproci, come ne uscirà a livello di immagine e credibilità il mondo della finanza italiana?
L’impressione è quella che si stia creando un grande “falò” per mettere sempre di più in difficoltà il governo, che è stato negli ultimi summit europei il più fermo contro la politica della signora Merkel e dei suoi sodali.
Come si diceva una “guerriglia” continua, che può sfociare in pericolosi fuochi d’artificio a fine mese con la sentenza della Cassazione su Silvio Berlusconi e, in agosto, con un nuovo attacco della speculazione finanziaria internazionale al debito pubblico italiano.
Evidentemente l’estate è una stagione favorevole alla destabilizzazione in Italia. Per via delle strane congiunzioni astrali, ci è venuto in mente che il 16 luglio del 1993 si suicidava Raul Gardini, mentre si celebravano, a pochi metri da casa sua i funerali del suicida in carcere Gabriele Cagliari, presidente dell’Eni. Il 17 luglio di quest’anno ricorreva anche il sesto anniversario della morte, per una grave malattia, di Vincenzo Maranghi, ultimo grande leader (liquidato con un colpo di palazzo) di una Mediobanca che non esiste più, quella che non voleva sentire parlare di “derivati” e che si opponeva alle famose stock options”.
E’ effettivamente cambiata un’epoca, ma forse se qualcuno ricordasse tutto quanto è avvenuto in questi venti anni, forse troverebbe un “filo rosso” tra destabilizzazione, svendita dell’Italia e intrigo kazako. 



(Edmond Dantès)

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