Due convention a una settimana di distanza l’una dall’altra per certificare che le strade fra Scelta Civica e Udc si stanno divaricando, probabilmente in maniera irreparabile. Al Teatro Eliseo Mario Monti aveva annunciato la trasformazione della sua creatura da movimento in partito, ed il suo radicamento sul territorio. Dal palco dell’assemblea nazionale dello scudocrociato Pierferdinando Casini sette giorni dopo risponde lanciando l’idea di un nuovo soggetto politico di centro che vada oltre gli attuali Udc e Scelta Civica, e che unisca tutti i moderati dell’arco costituzionale per realizzare il Ppe italiano.
In entrambi i casi la prospettiva sono le elezioni europee della primavera del prossimo anno, ma i progetti sono diversi, anche se tutti dovranno fare i conti con la dura legge dei numeri, che impone di raggiungere almeno il 4 per cento dei consensi per conquistare almeno uno dei 72 seggi cui l’Italia ha diritto nel parlamento di Strasburgo. Separate le due formazioni rischiano di rimanere entrambe fuori. E sarebbe un’esclusione talmente grave da far dire a Cesa che “o si va oltre l’Udc, oppure si rischia di spegnere la luce”.
Con le sue parole Casini è sembrato compiere una nuova conversione verso lo spazio politico occupato dal Pdl, che rimane tuttora di gran lunga il più consistente fra le forze politiche italiane che aderiscono al Ppe (Pdl, Udc, Udeur, Svp). Per parte sua Monti ha nella collocazione europea della sua creatura un problema potenzialmente in grado di spaccare i suoi uomini. Lo testimonia la secca presa di posizione di Andrea Romano, secondo cui la corretta collocazione di Scelta Civica nel panorama politico sarebbe nel gruppo liberaldemocratico, dove però l’Italia è rappresentata da compagni di viaggio scomodi, come i radicali e l’Italia dei Valori.
Non a caso a Romano ha subito replicato l’ex Pdl Giuliano Cazzola, coordinatore dei montiani in Emilia Romagna, ricordandogli che dal Ppe venne una spinta forte alla salita in politica dell’allora presidente del Consiglio tecnico. Dentro Scelta Civica, dunque, il confronto fra le due anime sembra solamente all’inizio, fra chi guarda all’ambito dei moderati e chi – al contrario – auspica che gli interlocutori siano a sinistra e cerca di tessere tele con formazioni come il Centro democratico di Bruno Tabacci.
Anche dentro l’Udc, però, le acque non sono affatto tranquille, perché il risultato di febbraio, un misero 1,78%, fa capire che il partito è a rischio estinzione. Casini si è assunto la responsabilità della sconfitta, ma questo non è bastato.
Persino un casiniano doc come Luciano Ciocchetti ha preferito abbandonare una navicella che fa acqua da tutte le parti, e dar vita a un nuovo contenitore, Idee Popolari, auto definito come un “traghetto” verso altri approdi, che difficilmente saranno diversi dalla galassia Pdl (o come quest’area evolverà in autunno con il sempre più probabile ritorno a Forza Italia).
Casini non è nelle condizioni di rompere con Monti, anche se ve ne sarebbero le condizioni. Di conseguenza si rivolge in primis proprio all’ex premier per realizzare il nuovo contenitore politico ispirato al Ppe, condendo il tutto con forti critiche a Berlusconi e al Pdl che quel progetto hanno lasciato incompiuto per colpa della loro deriva populista.
Anche il più sprovveduto degli osservatori si rende conto però che nessun progetto del Ppe italiano è possibile senza Pdl, per la semplice ragione che quel partito nel Ppe c’è già, e a pieno titolo. E una sua espulsione da quella famiglia europea, di cui pure a Strasburgo e a Bruxelles in qualche momento si è vociferato, non appare oggi all’ordine del giorno.
Le grandi manovre al centro, insomma, continuano a essere condizionate dalla presenza della figura di Silvio Berlusconi, tanto che Casini dice chiaro che lui è i suoi non entreranno nel Pdl “con il capo cosparso di cenere”. Decisive quindi saranno le sue vicende giudiziarie, che conosceranno significative evoluzioni nelle prossime settimane.
Di sicuro, però, il centro non può star fermo, perché ci sono sirene in grado di sedurre l’elettorato. Il pericolo, per gli uomini di Udc e Scelta Civica, ha il nome ed il volto di Matteo Renzi, che potrebbe finire per attrarre con il suo approccio pragmatico anche qualche dirigente centrista. Non a caso con lui Casini usa parole ruvide, bollando quella del sindaco di Firenze come “ansia sbracata” di arrivare a Palazzo Chigi, sulla base della quale si accontenterà di vincere senza ristrutturare la sinistra. Così − secondo l’ex presidente della Camera − Renzi sarà la replica di tanti politicanti.
Al di là degli anatemi, però, per l’area centrale della politica italiana il tempo stringe. In autunno i nuovi assetti dovranno essere definiti, per non correre il rischio che il voto europeo di primavera certifichi la cancellazione dei centristi dalle istituzioni comunitarie e la loro irrilevanza sul piano nazionale.