Non è affatto vero che Antonio Di Pietro, l’ex pm del pool di Mani pulite, e uno dei cofondatori della cosiddetta seconda Repubblica, sia scomparso dalla scena pubblica. A ripescarlo dall’ombra dopo il flop elettorale, ci ha pensato il Corriere della Sera, fornendogli un’intera pagina (non a pagamento come per Dolce&Gabbana) per il ventenale della morte, del suicidio del “re della chimica”, Raul Gardini, in quel luglio tragico del 1993.
Di Pietro riesce persino a contraddirsi in un passaggio cruciale dell’intervista. Dice che “aveva dato la sua parola agli avvocati che Gardini sarebbe arrivato in Procura con le sue gambe”. E per questo la sera prima non lo aveva fatto arrestare. Poi alla domanda se, dopo l’interrogatorio, l’avrebbe fatto arrestare, Di Pietro dice: “Le rispondo con il cuore in mano: non lo so. Tutto sarebbe dipeso dalle sue parole: se mi raccontava frottole, o se diceva la verità”. Insomma, Gardini doveva pure recarsi con il dubbio nella testa e nel cuore al tribunale di Milano. In quel periodo! Tre giorni dopo che il presidente dell’Eni, Gabriele Cagliari, si era suicidato in una cella di San Vittore con un sacchetto di plastica.
L’ex ministro Paolo Cirino Pomicino risponde con parole secche, nette, alla ricostruzione fatta da Di Pietro nella monumentale intervista al giornale di via Solferino.
Che ne pensa, onorevole Cirino Pomicino, dell’intervista di Di Pietro al Corriere?
Quella di Di Pietro è una ricostruzione falsa. Sarebbe ora, a vent’anni di distanza, che si facesse una autentica ricostruzione della storia di Gardini, del suo suicidio, di tutta la vicenda. Il processo Enimont, la cosiddetta maxitangente, tutto è stato ricostruito su indizi. In pratica quel processo non si è fatto. Io sono allibito di fronte allo spazio che il Corriere della Sera, il giornale che leggo di più, ha dato a Di Pietro e alla sua ricostruzione falsa. Posso solo aggiungere che Gardini si è suicidato per il motivo esattamente contrario rispetto a quello che sostiene Di Pietro e forse per altre questioni che non si conoscono ancora.
Si parlò perentoriamente, così come si fa ancora adesso, della maxitangente Enimont attribuendole un ammontare di circa 130 miliardi. Bettino Craxi diceva che quella maxitangente era una maxiballa. Lei che ne pensa?
Aveva ragione Craxi. I soldi che andarono alla politica furono in tutto 15 o 20 miliardi. Ma c’erano centinaia di miliardi in fondi neri. Che fine hanno fatto? Chi ha beneficiato di quei soldi? Nessuno se lo è chiesto in questi vent’anni. Io ho cercato di ricostruirlo e ci sono riuscito in gran parte.
Ha dei documenti che lo comprovano?
Sì, ho anche dei documenti, che in parte ho pubblicato nei miei libri e che nella sua totalità affiderò alla storia. Che cosa ci vuol fare. Ci troviamo dopo venti anni in questa situazione.
Fondi neri dell’Eni?
Anche. Che poi sono andati a personaggi che erano all’interno dell’Eni. Ecco, sarebbe interessante sapere a chi sono andati e da chi sono stati coperti per tutti questi anni questi personaggi. I documenti su questi fondi neri ci sono, ma ovviamente non se ne parla e nello stesso tempo si fanno false ricostruzioni persino sulla tragedia di Raul Gardini.
Forse in un periodo come questo, con la seconda Repubblica che alla fine non è mai nata, è forse necessario per alcuni rispolverare “vecchie battaglie” che non sono andate da nessuna parte.
È possibile. Ma sarebbe interessante, per ricostruire la verità di questi ultimi venti anni, fare alcuni accertamenti sui patrimoni. A quanto ammontavano nel 1993 e come sono diventati molto più grandi oggi. Sarebbe proprio interessante vedere come questi patrimoni si siano ingigantiti. Ecco una pista interessante per comprendere, indagare, ricostruire con scrupolo e chiarezza quello che è avvenuto venti anni fa e quello che è avvenuto durante questi venti anni.
(Gianluigi Da Rold)