La storia è la stessa, a Roma come a Palermo. Appena hai un po’ di consenso fondi un movimento e ti candidi a qualche elezione. Se vinci fondi un partito, e anche se ottieni un consenso minimo, puoi sempre condizionare quello degli altri. 

E così ha fatto anche il presidente della Regione Siciliana, Rosario Crocetta, che dopo aver fondato il suo movimento, chiamato “Il Megafono” ha fatto intendere, a quelli del Pd, con i cui voti è stato eletto, di essere pronto a trasformarlo in partito. 



Ma questo è troppo anche per un partito in liquefazione come il Pd siciliano e subito si sono levati gli scudi. “Non si può appartenere a due partiti” hanno tuonato dal microfono della direzione regionale del Pd riunitasi sabato scorso. E mentre qualcuno esibiva le prove inconfutabili dell’avvio del tesseramento al Megafono, Crocetta, da abile giocatore di poker, rilanciava: “Non è vero! Non ho alcuna intenzione di creare un partito, anzi intendo candidarmi alla segreteria nazionale del Pd e propongo per quella regionale Nelli Scilabra” (studentessa 28enne fuoricorso divenuta nello spazio di un mattino assessore alla Formazione professionale nella giunta Crocetta).



Ce n’è abbastanza per confondere le idee e soprattutto le carte degli altri giocatori. Ma non quelle di Crocetta che tira dritto per la sua strada: scovare il malaffare e l’illegalità in ogni meandro dell’amministrazione regionale e consolidare il suo potere avvalendosi dei migliori uomini dal trascorso democristiano e post-democristiano. L’ultima è di lunedì: la nomina del quarto capo di gabinetto in otto mesi, un dirigente regionale che ha ricoperto lo stesso compito col presidente Raffaele Lombardo e con assessori della sua giunta.Come notava qualche acuto osservatore,il governatore si circonda di ex democristiani di lungo corso e di imprenditori in grande spolvero, e viene avversato invece dagli ex comunisti, come lui …. Chi ci capisce, è bravo”.



Toto Cordaro, deputato di “Cantiere Popolare” che è all’opposizione dal giorno dell’elezione di Crocetta, si definisce “costernato”. E prosegue: “La Sicilia affonda, non solo nell’illegalità, ma anche nella disoccupazione e nella povertà e Crocetta si appassiona più alle vicende del Pd che a quelle dei siciliani. Ha dimenticato troppo presto che è stato eletto con il 14% di consensi effettivi dei votanti, perché tutti gli altri o non hanno votato o non l’hanno votato”.

Però in casa Pd non l’hanno presa proprio bene e la commissione nazionale di garanzia ha parlato a suocera perché nuora intenda, ponendo un perentorio alt al disegno egemonico del governatore. 

È dovuto scendere in campo il grande mentore dell’operazione Megafono, il senatore Beppe Lumia, per porre paletti e distinguo, per evitare di rinunciare al patrimonio di voti e di potere che il Megafono ha portato a casa in un solo anno.

E giù una serie di affermazioni del più ferreo stile democristiano per dire e non dire, ma soprattutto per continuare a fare e a gestire. 

Ecco un piccolo florilegio delle dichiarazioni di Lumia: “Il problema è politico non tecnico. Lo statuto offre un’ampia possibilità di soluzioni. Il Megafono non si spegne. Perché nasce per dare voce al cambiamento della Sicilia. Vogliamo che questo Megafono si raccordi con il Pd. Vogliamo che il Pd capisca e valorizzi il Megafono. Vogliamo che il Megafono aiuti il Pd a restare cuore e testa della rivoluzione del presidente. Vogliamo che il Pd affronti la gravissima questione morale che si è aperta. Vogliamo che il Pd nel congresso si apra alle forze esterne della società senza rimanere legato al sistema del tesseramento per l’elezione dei nuovi vertici”. Che dire di più? Anche Andreotti avrebbe da imparare.

E come se non bastasse ci si mette anche il Muos (il sistema di comunicazione satellitare americano in fase di realizzazione a Niscemi, in provincia di Caltanissetta, ndr). Il deputato regionale del Movimento 5 Stelle, Francesco Cappelloannuncia: Con una nota indirizzata in data odierna 24 luglio al ministero della Difesa apprendiamo della decisione del governatore Crocetta di revocare i provvedimenti con i quali la Regione aveva revocato le autorizzazioni già rilasciate per la costruzione del Muos”.

Che dire di più? Sembrerebbe che tutti stia per finire. Eppure non è così. Perché? 

Ma perché di fronte alla possibilità di cogestire il potere non c’è difficoltà che tiene. Il Pd siciliano pur di entrare nella stanza del manovratore si è alleato nella scorsa legislatura con il più democristiano dei democristiani, Raffaele Lombardo. Pensava di avere le leve di manovra in mano con Crocetta, ma oggi non è più così certo della bontà di questa conquista. Ed il partito, a Palermo come a Roma, è spaccato tra chi ritiene di averci guadagnato e chi aspetta ancora di capire cosa possa guadagnarci.

L’unico vantaggio è che non esiste più opposizione. Anche il Movimento 5 Stelle comincia a intuire che può essere meglio star dentro, piuttosto che aspettare fuori, anche se la vicenda Muos procurerà qualche mal di pancia.

Intanto del Pdl siciliano non si hanno più notizie da tempo. Forse si attende che la mutazione transgenica in Forza Italia possa produrre il miracolo di ridare vita ad un organismo che non esprime vitalità da molti mesi.

E allora chi ha vinto? Ma il Pus, sostengono in molti. 

E chi mai ne ha sentito parlare? Nessuno, ma tutti lo conoscono, è il Partito Unico dei Siciliani, quello al quale tutti appartengono o intendono appartenere, quello per il quale un’opportunità (una volta si dicevano favori) non si nega mai a nessuno. E così è infatti. “Aspettiamo la prossima elezione ed eventualmente ci riposizioniamo in campo”, commentano sotto voce i più abili in questo sport.

Meno male che c’è anche un’altra Sicilia, più silenziosa e più operosa, che continua a tirare avanti. Di essa ci si ricorderà alla prossima elezione, quando a questa bisognerà chiedere il consenso elettorale. 

Ed anche se il consenso reale sarà del 14%, si potrà in ogni caso governare, come Rosario Crocetta insegna. Importante è non disturbare il manovratore.