La riforma dell’articolo 416-ter, che prevede e punisce il voto di scambio politico-mafioso, si sta rivelando piuttosto controversa. Va detto, anzitutto, che il nuovo testo è stato approvato dalla commissione Giustizia del Senato in sede deliberante, formula che accelera l’iter legislativo, evitando il passaggio alle Camere; tuttavia, come indica le legge, l’iter può essere modificato, e se il governo, un decimo dei componenti della Camera, o un quinto di quelli della commissione lo richiedono, la norma deve essere esaminata dall’Aula. E’ quello che, con ogni probabilità, accadrà in questo caso, come ha promesso il presidente dei senatori del Pd, Luigi Zanda. Ma perché la disciplina dovrebbe essere ulteriormente modificata? Il nuovo testo sul voto di scambio afferma: «Chiunque accetta consapevolmente il procacciamento di voti con le modalità previste dal terzo comma dell’articolo 416-bis in cambio dell’erogazione di denaro o di altra utilità è punito con la reclusione da 4 a 10 anni. La stessa pena si applica a chi procaccia voti con le modalità indicate dal primo comma». Ebbene, il provvedimento attualmente in vigore è pressoché identico, tranne che per l’assenza dell’avverbio «consapevolmente» e della presenza del termine «promessa» al posto di «procacciamento». Due differenze sostanziali. Leonardo Agueci, procuratore aggiunto presso la Procura di Palermo, ci spiega perché.
Cos’ha che non va la normativa vigente?
Non ha mai funzionato. Afferma, infatti, che la pena si applica a chi ottiene la promessa di voti in cambio dell’erogazione di denaro. Tuttavia, i casi di politici che in cambio dei voti ottenuti corrispondono somme di denaro liquido sono estremamente rari. Normalmente, vengono assicurate al mafioso altre forme di pagamento quali – è l’ipotesi più tipica – l’aggiudicazione di gare d’appalto.
Come va modificata?
Anche su impulso di diversi organismi e associazioni di magistrati, è stata presa in considerazione l’aggiunta del termine «o altra utilità»; questo sarebbe stato sufficiente per adeguare la norma alle modalità reali di pagamento dei mafiosi e per renderla efficace.
Invece è stato introdotto il termine «consapevolmente» e la parola «promessa è stata sostituita da «procacciamento».
Esatto. Sul termine «consapevolmente», nonostante restringa il campo di applicazione della norma, non farei una tragedia: la consapevolezza non è così difficile da dimostrare. Certo, non se ne avvertiva la necessità, ma l’aspetto più deleterio della norma consiste nella sostituzione della «promessa» con il «procacciamento».
Ci spieghi.
Il reato attualmente si configura semplicemente con la promessa di voti. Ciò significa che si è inteso sanzionare l’accordo tra il politico e il mafioso. Con il procacciamento, è necessario, invece, che l’accordo abbia effettivamente prodotto dei frutti, e che il mafioso abbia realmente fatto ottenere al politico dei voti. A questo punto, la condotta del politico che stringe un patto con un esponente della criminalità non si considera più perseguibile di per se stessa, ma esclusivamente in virtù degli effetti che ne derivano.
Come si dimostra il procacciamento dei voti?
Questo è forse uno dei punti più dolenti: è estremamente difficile se non, addirittura, in certi casi del tutto impossibile. Non è pensabile, ad esempio, interrogare tutti gli elettori di un determinato collegio. Insomma, si è spostato in avanti, e di parecchio, la soglia della punibilità. C’è un ultimo aspetto particolarmente grave.
Quale?
Il procacciamento, dice il nuovo testo, deve avvenire con le «modalità previste dal terzo comma dell’articolo 416-bis»; quest’ultimo, afferma che «L’associazione è di tipo mafioso quando coloro che ne fanno parte si avvalgono della forza di intimidazione del vincolo associativo (…)». Va pure dimostrato, quindi, che il mafioso abbia esercitato la forza di intimidazione derivante dal suo status di mafioso; anche questa circostanza è estremamente difficilmente da dimostrare.
Dicono, infine, che passando da un massimo di 12 anni di pena a 10, molti processi saranno messi in crisi.
Effettivamente, la prescrizione è agganciata al massimo della pena edittale. Detto questo, c’è da domandarsi perché in una norma fatta per rafforzare la lotta contro l’inquinamento politico da parte della mafia, si riducano le pene. E’ come affermare, in contraddizione con le finalità esplicitate, che la pena per il reato era considerato, in precedenza, troppo alta.
(Paolo Nessi)