Ai tempi, sembrava una svolta epocale. Si era inculcata, in sostanza, la virtuosità per decreto. Era il 26 luglio 2011 e un provvedimento chiamato “premi e sanzioni”, l’ottavo e ultimo emendamento sul federalismo, era stato licenziato dal governo. Prevedeva la rimozione e l’ineleggibilità a qualsiasi carica pubblica per quei governatori che, da allora in avanti, avessero dissestato i conti delle proprie Regioni. Il medesimo trattamento sarebbe dovuto spettare ai sindaci e ai presidenti di provincia che si fossero macchiati di analoga colpa. Ora la Corte costituzionale ha bocciato quel provvedimento. «Mi hanno detto: “La Lombardia è stata l’unica coi conti sempre in ordine, chi te l’ha fatto fare?”», ha commentato l’ex presidente lombardo e attuale presidente della commissione Agricoltura la Senato, Roberto Formigoni, per poi aggiungere: «La Consulta salva i governatori che fanno buchi di bilancio. Questa è una porcata».
Addirittura una porcata, senatore?
Sì, perché c’era stata una stagione in cui si era messo in moto un meccanismo virtuoso per costringere le Regioni in deficit a incamminarsi verso la parità. Tra le sanzioni previste, vi era l’impossibilità di ricandidarsi per chi non avesse raggiunto il pareggio di bilancio almeno entro la fine della legislatura. Certo, si trattava di una sanzione politica pesantissima. Ma, come governatori, avevamo voluto mostrare grande serietà, accettandola. A tutto ciò si sarebbe accompagnato l’obbligo di compilare una relazione dettagliatissima sulle entrate e le uscite della legislatura in collaborazione e sotto il controllo della Corte dei conti. Ebbene, tale meccanismo virtuoso è stato completamente azzerato dalla Corte.
Lei nel 2011, su queste pagine, non sembrava così d’accordo con la nuova legge: si disse disponibile ad accettare l’imposizione, ma aggiunse: «E’ inaccettabile che i ministri approvino una norma che vale per tutti, tranne che per se stessi, riparino a questo atto di ineleganza la settimana prossima, emanando una norma che valga anche per loro».
La mia, indubbiamente, fu una provocazione. Resta il fatto che la norma approvata rappresentava comunque di un inizio. Se fosse rimasta in piedi, avrebbe rappresento un’arma da imbracciare per costringere successivamente anche il governo a seguire il medesimo cammino virtuoso. La sentenza rende questo impossibile. E apre la danza più sfrenata di chi non si è curato dei propri bilanci, legittimandoli e consentendo loro di ricandidarsi. Vien da chiedersi chi ce l’abbia fatto fare a mantenere il bilancio della Regione Lombardia in ordine fin dal 2002, introducendo ticket, stressando i dirigenti e assumendo misure impopolari.
Già, chi ve lo ha fatto fare?
Beh, le difficoltà economiche del Paese sono evidenti, mentre le risorse per il sistema sanitario sono distribuite alle Regioni pro quota, destinando a ciascuna una cifra che si ritiene sufficiente per soddisfare il fabbisogno. Noi abbiamo ritenuto nostro dovere farci bastare queste risorse, e ci siamo riusciti costruendo il sistema sanitario migliore. C’è chi, invece, ha dilapidato i denari pubblici, andando in deficit, e riuscendo persino a non garantire servizi decenti ai propri cittadini. Costoro, in questo modo, hanno aggravato il deficit pubblico, determinando un danno per tutta le collettività e un impoverimento generale del Paese.
Non crede che la norma sia lesiva della sovranità popolare?
E’ una norma estrema, certo. Tuttavia, era stata approvata in una fase di eccezionale gravità economica e sociale, in cui nessuno poteva più permettersi di sprecare un solo denaro pubblico. Non mi pare che quella fase sia stata superata. D’altro canto, è vero che sono gli elettori a doversi scegliere il governatore; ma lo è anche il fatto che il governatore che spende e spande indiscriminatamente, utilizza spesso i soldi pubblici per comprarsi i consensi. E il ticket che non viene pagato dall’elettore viene pagato dalla collettività nazionale.
Oggi la Corte dei conti è considerata tra i pochi organismi in Italia attendibili. Un domani, però, si potrebbe sospettare che il governatore che non gli va a genio possa essere accusato ingiustamente di dissesto
E’ pressoché impossibile. Anzitutto, è la Regione stessa che certificai i suoi bilanci, mentre la Corte verifica che tutto corrisponda a verità, ragionando sui numeri. Se la Corte dei conti accusa l’amministrazione di qualcosa che non esiste, la Regione può facilmente difendersi. I soldi, in sostanza, o ci sono, o non ci sono.
(Paolo Nessi)