Ironie della politica: proprio mentre il governo Letta cerca una soluzione per eliminare il finanziamento pubblico dei partiti, arrivano i soldi (pubblici) dei rimborsi elettorali. L’ufficio di presidenza della Camera infatti ha varato il piano di ripartizione dei contributi pubblici 2013, stabilendo che ai partiti andranno 56,3 milioni di euro. Ma ad infiammare il dibattito politico è stato un emendamento del Pdl al ddl del governo che intende cancellare il finanziamento pubblico. La proposta – che reca le firme di Bianconi (vicesegretario amministrativo del Pdl), Calabria, Centemero, Ravetto e Romano – propone di depenalizzare il finanziamento illecito: non ci sarebbe più la sanzione penale, ma solo la sanzione amministrativa. Non il carcere, ma una multa.
“Siamo convintamente per l’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti e per utilizzare solo quello dei privati” ha dichiarato il vicecapogruppo vicario del Pdl alla Camera Mariastella Gelmini. “Ma nell’ambito di questi privati che finanziano i partiti, non dobbiamo sanzionare o colpevolizzare chi in buona fede sbaglia e magari dimentica un foglio”. È scattata la controffensiva di Repubblica: il Pdl vuole far passare per una svista commessa in buona fede un reato penale, cancellando di fatto le regole violate da politici di Pd e Pdl come Filippo Penati, Claudio Scajola e Marco Milanese, condannati proprio in violazione dell’articolo 7 della legge 195 del ’74 (quello che l’emendamento a firma Pdl si propone di cambiare). Duro l’intervento di Rodolfo Sabelli, presidente dell’Anm, sul quotidiano diretto da Ezio Mauro: verrebbe meno uno dei pilastri di Mani pulite.
“Parliamo di come instaurare un rapporto corretto tra sistema democratico e finanziamento dei partiti” dice a ilsussidiario.net Stelio Mangiameli, costituzionalista, “ma per favore, lasciamo stare Mani pulite”.



Cosa pensa, nel merito, dell’emendamento presentato dal Pdl, professore?
Assumendo che l’intento sia l’abolizione del finanziamento pubblico, come si propone di fare il governo, in un sistema completamente privatizzato la trasparenza di fronte all’opinione pubblica e all’elettorato può effettivamente essere difesa anche con strumenti diversi dalla sanzione penale. L’errore in che cosa si traduce, in genere? In una mancanza di trasparenza. Il partito riceve soldi da un privato, ma questi potrebbe tacerlo, vuoi per errore, vuoi per dimenticanza o per altro. Allora una sanzione potrebbe essere per esempio la perdita del finanziamento stesso.



Non ritiene che detta “dimenticanza” possa essere un pretesto per giustificare gravi illeciti?
Occorre una premessa. La politica è necessaria a qualsiasi collettività per potersi organizzare e produrre la decisione collettiva. In altri termini, la politica è fondamentale perché senza di essa non si arriva alla decisione pubblica che impegna le istituzioni. Ma in un sistema democratico, la politica non può che essere rappresentata dai partiti che si presentano agli elettori.

E con ciò?

L’aspetto ulteriore, molto concreto, è che la politica ha bisogno di soldi. Dunque il problema è come instaurare un rapporto corretto tra il finanziamento dei partiti e il sistema democratico. In esso i partiti non appartengono a chi li finanzia, ma ai cittadini che li votano. In questa legittimazione trova spazio il finanziamento dei partiti da parte dei loro elettori. Ma se tale finanziamento diviene uno strumento per distogliere il partito dal rapporto con gli elettori − nel caso in cui, in ipotesi, il programma del partito finisce per coincidere con quello dei finanziatori privati − allora è un illecito che merita la sanzione penale.



Quindi, professore?
Quindi occorre una valutazione di merito, senza atteggiamenti preconcetti. In concreto: tra i due estremi − il finanziameno illecito e la mera irregolarità − ci sono nel mezzo una serie di ipotesi che non necessariamente richiedono la tutela penale, ma che possono incorrere in una sanzione amministrativa o di carattere civilistico. Come, appunto, la perdita del finanziamento.

Su Repubblica il presidente dell’Anm, Rodolfo Sabelli, ha ricordato che il finanziamento illecito dei partiti è stato uno dei “pilastri” di Mani pulite. Al quale non si deve rinunciare. Come giudica questo richiamo?
Mi sembra francamente strumentale. In altri sistemi, e penso a Francia, Gran Bretagna e Germania, ci sono state delle irregolarità nel finanziamento ai partiti che sono state punite senza per questo distruggere il sistema politico. Quando si è scoperto che Helmut Kohl aveva gestito per un lungo periodo di tempo dei finanziamenti illeciti, questo ha comportato la responsabilità personale di Kohl, ma non ha travolto la Cdu.

Mani pulite ha fatto questo?
Mani pulite è stata storicamente il momento in cui, per colpire il malcostume, è stata distrutta l’intera tradizione politica italiana: la Dc, il Psi e lo stesso Pci. La cui storia era diversa da quella dei primi due, ma non per questo gli evitò di uscire da Mani pulite immacolato. Anzi. Le sue ombre se mai erano altre: era l’unico partito finanziato da una potenza straniera in opposizione alle democrazie occidentali.

Ha definito “strumentale” il richiamo alle manette di Tangentopoli. Strumentale a che cosa?
Il sistema politico italiano è in una fase di transizione. Evocare, in un momento come questo, l’inchiesta che ha messo fine alla prima repubblica appare quasi come un tentativo di condizionare le decisioni sulla costruzione delle regole. Se una legge è incostituzionale, a dirlo sarà la Consulta; se ci saranno degli illeciti, c’è chi ha il compito di sanzionarli. Dunque?

(Federico Ferraù)