Per il “partito” di Repubblica la priorità del governo è riformare la legge elettorale, in modo da rimuovere l’ostacolo principale alle elezioni anticipate. Un’opzione auspicata anche da buona parte del Pd e del Pdl, specie dalla ali estreme. Forse, tuttavia, potrebbe non esserci il tempo per abolire il porcellum. Ieri Berlusconi, in un colloquio con Libero, ha affermato che se il 30 luglio dovesse essere condannato in via definitiva a 4 anni di carcere e 5 di interdizione dai pubblici uffici nell’ambito del processo Mediaset, non staccherebbe la spina al governo. Sarebbe il Pd a farlo. Perché non potrebbe tollerare di coabitare in coalizione con un condannato interdetto. Abbiamo parlato di tutto ciò con Francesco Boccia, presidente della commissione Bilancio della Camera.
E’ la legge elettorale la priorità?
Il Pd è al governo per un impegno assunto di fronte agli italiani il giorno della rielezione di Napolitano. Quell’impegno è stato confermato con il voto di fiducia al governo Letta, il quale ha indicato una strada ben precisa: servono interventi profondi per sanare le emergenze economiche e sociali, e riforme istituzionali e costituzionali. La legge elettorale si inscrive in questo quadro complessivo di priorità che si dovranno esaurire entro i 18 mesi che ci porteranno al semestre europeo. Chi non la pensa così, affermi chiaramente che gli impegni assunti di fronte al capo dello Stato non vanno più bene.
Sul fronte economico, quali sono le urgenze?
Vanno corrette alcune riforme sociali del governo precedente, a partire dalla risoluzione della vicenda degli esodati. Occorrono, inoltre, profondi interventi per abbattere radicalmente il cuneo fiscale e rilanciare l’occupazione, specie quella giovanile. Infine, il Paese attende la riforma della fiscalità locale, erroneamente definita riforma dell’Imu.
Berlusconi ha detto che se sarà condannato in via definitiva, non farà cadere il governo. Ci penserà il Pd a farlo.
Sono convinto che il Pd non farà cadere il governo. E spero che gli altri partiti facciano altrettanto
Comunque andranno le cose, come dovrà cambiare il suo partito?
Credo che il congresso arriverà nel momento giusto per consentire alla sinistra italiana di guardasi allo specchio e riconoscere le proprie rughe e propri difetti legati, in particolare, ad un certo approccio legato ai problemi reali. I tempi delle scorciatoie sono finiti. Non c’è più spazio per i giustizialisti a tempo pieno, né per i liberisti dell’ultima ora, né per i socialisti con i soldi degli altri.
Cioè?
Spesso, la sinistra ha fatto politiche possibili esclusivamente con l’aumento del debito pubblico. Credo che un’altra grande sfida del nuovo Pd sarà la collaborazione con la sinistra europea per la costruzione dell’Ue. Per far questo, dovrà uscire dal congresso una sinistra che non ha più paura del capitalismo, ma è in grado di correggere le distorsioni del mercato, di dialogare con le imprese e sostenere i modelli di produzione del lavoro, che sono completamente cambiati. Chi è rimasto alla vecchia contrapposizione tra lavoro e capitale deve aggiornare la propria visione del mondo. Mi auguro che possa esserci un segretario in grado di interpretare questa visione.
Enrico Letta dovrebbe candidarsi?
Letta fa il premier, e non va tirato per la giacca. Quel che è certo, è che sta interpretando con coraggio buona parte delle sfide necessarie per la costruzione di una sinistra moderna.
E Renzi?
Renzi è un patrimonio indiscutibile del Pd e della sinistra italiana. La sua correttezza è emersa nella fase successiva alle primarie. E’stato, paradossalmente dopo la sfida con Bersani che si è affermato come punto di riferimento di molti che non l’avevano votato. Quella fase, tuttavia, si è conclusa e chi vuole guidare il Pd oggi non può non assumersi la responsabilità di difendere le ragioni di questo governo.
(Paolo Nessi)