La vicenda dell’Imu, la legge elettorale da riformare, con pure l’incognita di una sentenza della Consulta sulla sua costituzionalità (diventerebbe grottesco un voto anticipato prima di dicembre e poi magari una bocciatura). E ancora le polemiche incrociate tra Guglielmo Epifani e Silvio Berlusconi. E poi lo stato dei partiti, con il Pdl sempre in garitta, a baionetta innestata, e il Pd sempre coinvolto in problemi poco decifrabili per scadenze, date congressuali, primarie, linee politiche che si snodano contorte tra “giovani turchi”, renziani, lettiani di stretta osservanza. A volte sembra che la fragilità di questa maggioranza sia la sua forza, perché al di là di questo governo che Enrico Letta presiede con tutte le sue forze e le sue capacità non c’è che il vuoto. E una eventuale competizione elettorale, probabile anche con una legge modificata, porterebbe a un risultato simile a quello di febbraio, con il vuoto conseguente. È persino superfluo dire che l’Italia, con il suo sistema politico, la sua situazione economica e sociale, sia in un stato di necessità; il problema è vedere quanto può durare un simile assetto. Paolo Franchi, editorialista del Corriere della Sera, “vecchia anima” di sinistra, ma analista politico di rara capacità, cerca di vedere quello che può capitare nel giro di pochi mesi, o forse sarebbe meglio dire di poche settimane.
Che cosa la colpisce di più in questa situazione, Franchi?
Mi sembra che guardando con un minimo di realismo, ci troviamo di fronte a un paradosso. Non c’è altra possibilità di maggioranza, non esiste un’alternativa realistica e percorribile. Eppure tutti stanno continuando a tirare la corda in modo ossessivo. È questa l’essenza del paradosso. Perché anche se tirano la corda, anche se si trovano motivi continui di contrasto, il governo va avanti, sta insieme, al momento. Se poi dobbiamo fare una valutazione sui tempi di durata di questo governo, il problema diventa veramente arduo.
Forse ci si può rifare a un senso di responsabilità, come è avvenuto in altri momenti della storia di questo Paese.
Noi facciamo spesso delle analisi e delle valutazioni scomodando confronti con situazioni che erano del tutto differenti. Abbiamo in mente i governi di solidarietà nazionale. Ma in quel caso c’erano partiti forti, rappresentativi e anche vincenti dal punto di vista elettorale. Il momento che stiamo vivendo non c’entra nulla con quel periodo. Qui ci sono due sconfitti che governano insieme e continuano a trovare motivi di contrasto.
Che cosa teme di più da una simile situazione?
Una disgregazione del tessuto sociale, che può rischiare di portarci all’implosione. Questo è quello che temo veramente, sperando che non accada. Ma non posso essere ottimista. L’azione del governo è stata sinora limitata, basta fare la somma dei provvedimenti adottati. In più, i segnali di ripresa o di crescita sono tenui, per certi versi anche contraddittori, e in tutti i casi non in grado di rilanciare l’occupazione nel nostro Paese. Resta questo punto di riferimento del governo, che ha acceso anche qualche speranza, ma che è sempre attraversato da contrasti e che, per certi versi, sono anche comprensibili. Non si può nascondere quello che è avvenuto con la sentenza della Cassazione su Berlusconi. Hai voglia di distinguere il fatto privato da quello politico! È un’operazione molto difficile e nel Pd questo si è visto e si continua a vedere chiaramente.
Ma la tenuta dell’esecutivo, nonostante tutti tirino la corda, ha dei “guardiani” importanti. C’è chi parla di Giorgio Napolitano, ovviamente, ma anche di Mario Draghi.
Certamente il presidente della Repubblica è ritornato al Quirinale per garantire quel minimo di stabilità possibile e il suo mandato è legato a questa scelta. Non so dire quale siano le carte che sta giocando il presidente della Banca centrale europea.
Pur concordando che questo governo appaia spesso come un paradosso, perché teme una ulteriore disgregazione sociale?
Perché vedo che nonostante gli sforzi il clima non cambia, non si vede una svolta reale e continua questa concitata situazione di “tutti contro tutti”. Che dire di fronte a un fatto simile? C’è da sperare che il carro vada avanti e non esca di strada.
(Gianluigi Da Rold)