Non solo un monito a rispettare le sentenze, cioè a distinguere politica e vicende giudiziarie. Ma anche una nuova “investitura” politica, perché un partito che raccoglie milioni di voti e sostiene il governo ha il diritto di decidere di se stesso, senza farsi “decapitare” dai giudici. È questo, secondo Antonio Polito, editorialista del Corriere della Sera e acuto inteprete del Quirinale, il succo della giornata politica di ieri, conclusasi con l’attesissima – da Berlusconi e dai suoi antagonisti, per diverse opposte ragioni – dichiarazione del capo dello Stato sulla “agibilità politica” del leader del Pdl.



Polito, quale scenario politico apre la nota di Napolitano?
Uno scenario di grande ragionevolezza, direi, in cui si separino le vicende giudiziarie dalle vicende politiche, si stabilisca un sensato equilibrio dei poteri e soprattutto non si metta pericolosamente in discussione l’equilibrio raggiunto dopo le elezioni, in un momento in cui finalmente sembre aprirsi uno spiraglio per uscire dalla crisi dello spread e della recessione.



Secondo lei si può escludere che Berlusconi tolga il sostegno al governo Letta?
Questo non lo so. Certo il capo dello Stato invita Berlusconi a non farlo e gli ricorda con estrema chiarezza che il potere di scioglimento delle Camere è suo. Le ipotesi a questo riguardo sono definite, in modo netto, “arbitrarie” e “impraticabili”. Tradotto: mandare tutti a casa spetta a Napolitano e il presidente non intende farlo.

Quindi?
Quindi, Berlusconi accetti la sentenza – il che naturalmente non vuol dire smettere di criticarla o di dichiararsi innocente – ed eviti ritorsioni politiche minacciando la vita istituzionale. Poi viene la seconda parte del comunicato.



Quella relativa alle “attese alimentate nei miei confronti”, scrive Napolitano. Anche se “nessuna domanda mi è stata indirizzata cui dovessi dare risposta”. Ma la strada è aperta. O no?
Nel momento in cui la grazia venisse chiesta nei modi previsti dalla legge il capo dello Stato avrebbe l’obbligo di valutarla; non sarebbe un atto di liberalità, quello di prenderla in esame, ma un atto dovuto, fatto in modo conforme alle leggi e alla prassi. È vero: certamente è una strada che resta aperta per Berlusconi. Però, più che basata sulle carte o sul provvedimento di clemenza, il quale oltrettutto sarebbe assai in là nel tempo e non potrebbe esser considerato come una riparazione o un’assoluzione, a me pare che la vera apertura sia un’altra e sia prettamente politica.

Cosa intende dire?

Più che sulla grazia, secondo me la vera apertura che Napolitano fa al Pdl sta nel considerare molto seriamente la sua richiesta di garantire l’agibilità politica del suo leader. E il capo dello Stato lo fa in due modi. Sia ricordando che il carcere è escluso, e che quindi si possono trovare delle forme alternative di pena, modulate sul caso; sia ricordando che la decisione su chi è il leader del Pdl non spetta né alla magistratura né ad una sentenza penale, ma al Pdl medesimo.

Il Quirinale in altri termini riconosce la “centralità politica” di Berlusconi, come hanno subito detto nel Pdl a commento della dichiarazione?
La centralità politica di Berlusconi è un dato di fatto e il Quirinale la riconosce, prendendo atto che la vicenda politica del Pdl e dell’elettorato che rappresenta non può essere determinata da una sentenza giudiziaria. Molti hanno letto la sentenza della Cassazione come un’estromissione di Berlusconi dalla vita politica, ma questo il comunicato lo nega in modo fermo. In sostanza, Napolitano dice: Berlusconi può continuare a fare il leader.

A condizione di “prendere atto” della sentenza.
Appunto. Smettendola cioè di minaciare ritorsioni sulla vita delle istituzioni anche perché, come dicevo prima, la decisione sulla vita delle Camere non appartiene a lui ma al capo dello Stato. E ricordiamo che nel comunicato una crisi di governo è definita come “fatale”.

Il governo Letta?
Da oggi è nettamente più stabile di ieri. Molto però dipenderà dal comportamento conseguente di Berlusconi. La prima reazione che viene dal Pdl per ora è intelligente, dà segno di capire il contenuto del messaggio e di prenderlo sul serio.

Il Pd?
Secondo me nella sua maggioranza tira un sospiro di sollievo. Naturalmente c’è un pezzo del Pd, ma soprattutto un pezzo di opinione organizzata al di fuori del Pd, la quale invece sperava in una seconda sentenza di condanna e in una reazione che provocasse la crisi di governo. Detto questo, a me parrebbe veramente irrazionale che fosse il Pd a far cadere il governo di cui esprime il presidente del Consiglio.

(Federico Ferraù)