Dopo l’incontro inaugurale con il Premier Enrico Letta e la videointervista al Capo dello Stato Napolitano, il Meeting di Rimini oggi torna a parlare di Europa, con l’incontro “Europa dei popoli, Europa degli Stati?”, cui partecipa anche il Presidente del Parlamento europeo, il tedesco Martin Schulz, al quale il Quotidiano Meeting ha rivolto alcune domande.
Per milioni di persone le istituzioni comunitarie appaiono lontane dall’essere la soluzione alla crisi. Come avvicinare l’Europa ai suoi cittadini? Come l’Europa può essere più incisiva?
L’Europa negli ultimi anni ha perso molta della sua credibilità e capacità di risolvere i problemi più urgenti, in particolare la crisi, in modo efficace. Il problema principale è legato a una mancanza di decisioni coraggiose da parte del Consiglio europeo, l’organo che rappresenta i 27 governi, che si è riunito in sessioni “straordinarie” con fanfare e grandi annunci, ma che ha prodotto ben poco, a causa degli egoismi nazionali che hanno generato veti incrociati e impedito soluzioni comuni. Per questo per me l’unica via d’uscita è tornare al cosiddetto “metodo comunitario”, dove l’interesse comune pesa di più della somma dei singoli, e le logiche nazionali sono bilanciate dalle istituzioni comunitarie – Commissione e Parlamento – in modo che nessuno possa prevalere sugli altri, e che a prevalere siano i nostri valori fondanti, che ricordiamolo, sono la cooperazione e la solidarietà.
Non ritiene che i nazionalismi europei stiano rinascendo sotto forma di egemonia economica di alcuni paesi su altri? Come tornare allo spirito che mosse i Padri fondatori?
Non credo si tratti di un’egemonia di alcuni paesi, quanto piuttosto di un’ideologia: quella dell’austerità a senso unico, quella secondo cui se un Paese ha dei problemi è colpa sua e l’unica soluzione è “castigarlo”, e che solo con il rigore nei conti pubblici si potrà riacquisire la fiducia dei mercati e degli investitori. La filosofia per cui bisogna “tagliare e automaticamente ritornerà la fiducia e l’economia si rimetterà in moto” è sbagliata, ne stiamo vedendo gli effetti, eppure è dura a morire. Una larga maggioranza del Parlamento europeo è convinta che solo un mix di investimenti e disciplina possa assicurare un’uscita dal tunnel per i paesi in difficoltà. Questa però non è la linea emersa al Consiglio, e anche la Commissione europea è divisa. Credo che le elezioni dell’anno prossimo possano costituire una grande occasione per confrontarci su questi temi e dare la possibilità ai cittadini, con le elezioni del Parlamento e per la prima volta indirettamente anche del Presidente della Commissione, di cambiare di direzione.
L’unione monetaria è nata senza essere accompagnata da una concezione politica e culturale all’altezza: è d’accordo? È possibile apportare correzioni di rotta?
Sono d’accordo, abbiamo fatto l’euro ma non il governo dell’euro. Abbiamo una moneta forte, che ancora, malgrado la crisi, vale più del dollaro, però i mercati non hanno fiducia in noi, perché ogni volta che si prende una decisione, si levano almeno 17 voci dissonanti. È questa cacofonia che fa male all’Europa e alla sua credibilità, tanto presso i cittadini che presso i mercati. Dobbiamo assolutamente creare un’Unione economica e monetaria al più presto, con una governance più solida e meno dipendente, ancora una volta, dai meccanismi intergovernativi. Qualche piccolo passo in questa direzione si sta facendo, per esempio l’Unione bancaria approvata prima dell’estate. Ma, per il Parlamento, non è ancora sufficiente.
Alcuni economisti teorizzano la necessità di adottare provvedimenti drastici, fino all’espulsione dall’unione monetaria, per i paesi meno rigorosi nella gestione delle finanze interne. È un terreno percorribile? È preferibile un’Europa “a due velocità” o un cammino comune di maggiore integrazione?
Più aumentiamo le velocità, più aumentano la complessità e la cacofonia che, come dicevo, sono il male maggiore della nostra Unione. Non credo che un’Europa di serie A e un’Europa di serie B farebbero bene nemmeno a quei paesi, come il mio, che ora stanno un po’ meglio, ma che sono profondamente legati, anche a livello economico, ai paesi del “sud”, se così vogliamo chiamarli (ma l’Irlanda è a Sud, mi chiedo? Questa è una divisione artificiale!). Penso che la sola ricetta sia, al contrario, più integrazione, più solidarietà, e più lungimiranza.
Non crede sia stato un errore che il Trattato costituzionale europeo non faccia menzione delle radici cristiane dell’Europa? Non è sintomo di una posizione culturale nichilista?
Le radici culturali e religiose della nostra Europa sono importantissime, e ovviamente il ruolo di quelle giudaico-cristiane è incontestabile, è immenso. Ritengo, però, che una menzione giuridica nel Trattato avrebbe avuto un carattere di esclusività, che avrebbe chiuso porte, più che aprirne. La nostra Europa, se vuole affrontare le sfide di domani, dev’essere tollerante, inclusiva e guardare al futuro. Questo è il contrario del nichilismo: sono i nostri valori fondamentali!
Quest’anno il Meeting si occupa a fondo di Europa. Con quali aspettative lei arriva a Rimini?
Ho seguito con attenzione gli interventi di apertura del Presidente Napolitano e del Premier Letta, e ho apprezzato molto l’attenzione da loro rivolta ai temi europei, così come il contributo che il Meeting ha voluto dare al dibattito europeo con questa edizione focalizzata sull’Europa. Condivido a pieno la preoccupazione espressa da Letta e Napolitano, ma anche la consapevolezza che la soluzione dei problemi italiani, come di quelli greci o tedeschi, passa necessariamente per l’Europa. Questa Europa dobbiamo cambiarla, e per farlo servono le energie di tutti, delle istituzioni, delle organizzazioni come la vostra, ma soprattutto dei cittadini. Per questo vengo a Rimini, un evento chiave nel panorama culturale e politico italiano, per dare un messaggio di speranza ma anche d’incoraggiamento: non basta lamentarsi dell’Europa, dobbiamo rimboccarci le maniche e fare ognuno la nostra parte per renderla più giusta, più vicina ai bisogni delle persone, e più all’ascolto. Il 2014 sarà un anno cruciale, perché per la prima volta ci sarà una campagna elettorale pan-europea che permetterà ai cittadini di scegliere il Presidente della Commissione: è un’occasione che non possiamo permetterci di mancare.
(Stefano Filippi)