A pochi giorni dal proclama di Silvio Berlusconi, intenzionato più che mai a non farsi da parte (“Non mollo, resto io il capo del centrodestra”), il Pdl torna all’attacco della Legge Severino. Impugnare davanti alla Corte Costituzionale il decreto firmato dall’ex Guardasigilli, ha detto il senatore Lucio Malan, “è certamente una delle cose di accertare, ci sono degli ampi profili di incostituzionalità che vanno valutati”. Anche secondo Francesco Nitto Palma, presidente della commissione Giustizia di Palazzo Madama, la legge presenta molteplici profili di problematicità giuridica: “Serve un approfondimento perché non si possono paragonare gli effetti che queste norme hanno su un parlamentare con quelle che hanno su un eletto alla Regione, alla Provincia o in Comune”. Nonostante la legge venga definita in netto contrasto con l’articolo 66 della Costituzione, secondo cui l’ultima parola sul futuro politico di Berlusconi spetta al Parlamento, secondo Cesare Mirabelli, professore di Diritto costituzionale presso la Pontificia Università lateranense contattato da IlSussidiario.net, il Pdl non ha facoltà di presentarsi davanti alla Consulta per chiedere una verifica di costituzionalità. L’attuale dibattito, quindi, è di natura puramente politica.
Professore, in molti credono che se la legge Severino dovesse vietare a Berlusconi di candidarsi, verrebbe confermata una sorta di superiorità della magistratura rispetto al potere politico.
In realtà non sarebbe così, perché non si tratta di una sanzione accessoria comminata dalla magistratura, ma di una causa di ineleggibilità che è prevista dalla legge stessa. Tale causa di ineleggibilità può anche essere definita irragionevole o in contrasto con il diritto all’elettorato passivo, ma francamente ritengo singolare che il Parlamento denunci alla Consulta l’incostituzionalità della legge, anche perché si verrebbe a creare un problema strettamente procedurale.
In che senso?
La questione di legittimità costituzionale può essere sollevata da un giudice nel corso di un processo, quindi non credo che la commissione che dovrà pronunciarsi su Berlusconi può essere considerata tale. L’aspetto davvero singolare, però, è che il Parlamento possiede già lo strumento principe per superare il problema, vale a dire la modifica della legge stessa, eppure non compare tra le attuali priorità. E’ chiaro, quindi, che l’intenzione del Pdl fa parte di un’ulteriore tattica di natura puramente politica, non giuridica.
Quindi la legge Severino può davvero porre Berlusconi fuori da ogni gioco politico?
La legge parla chiaro. Quando c’è una condanna penale di questo tipo, superiore ai due anni per un reato non colposo, viene applicata questa sorta di ineleggibilità temporanea e la decadenza che deve essere pronunciata dalla Camera di appartenenza. In questo caso il problema maggiore è rappresentato dal fatto che la legge trova applicazione per il leader di un partito che fa parte della maggioranza di governo, ma non si può pensare che vi sia una inapplicazione singolare solamente per questa situazione, altrimenti si tratterebbe di una forma di immunità parlamentare.
Che è stata cancellata nel 1993 dopo Mani Pulite…
A quel tempo la Costituzione prevedeva l’immunità parlamentare proprio per risolvere in chiave politica problemi di questo tipo. Era infatti lo stesso Parlamento ad autorizzare a procedere e ad esprimere le sue valutazioni a riguardo, ritenendo che questo strumento fosse una garanzia per la funzione. Tale “scudo” è successivamente venuto meno dopo le modifiche apportate alla Costituzione.
Come crede si risolverà questa vicenda?
E’ difficile da dire, ma non è attraverso uno strumento giuridico che si può risolvere un problema politico.
Non crede quindi che stia venendo meno l’equilibrio tra il potere giudiziario e quello politico?
La magistratura sta facendo semplicemente il suo lavoro e, dopo aver accertato la presenza di reati, li giudica e li persegue. Certo, una decisione può anche essere inesatta, ma è proprio per questo che esistono tre gradi di giudizio. Nel caso di Berlusconi, la legge non fa altro che disciplinare i requisiti che occorre avere per essere titolari di una particolare funzione, perciò in un certo senso si tratta di un effetto indiretto della sentenza.
Crede che l’immunità parlamentare dovrebbe essere reintrodotta?
Questo è un tema molto spinoso, perché in passato questo strumento si è trasformato in un privilegio di cui è stato fatto un uso distorto. D’altra parte, l’immunità costituiva anche una garanzia che, in origine, il costituente aveva visto e previsto. Molto dipende anche dalla sensibilità generale.
Cosa intende?
Se l’immunità è stata tolta dalla Costituzione, è perché ancora una volta il Parlamento ha ritenuto che fosse opportuno e rispondente a un’esigenza generale. In tutti i casi, è improbabile che adesso vi sia l’intenzione di reintrodurla, ma la Legge Severino potrebbe certamente essere modificata.
Crede che il controllo degli eletti debba ritornare in mano ai cittadini, magari tramite le preferenze che l’attuale legge elettorale non prevede?
E’ indubbio che il problema della legge elettorale deve essere risolto con urgenza. E’ pendente dinanzi alla Corte costituzionale, con udienza il prossimo 3 dicembre, la questione di legittimità costituzionale della legge elettorale sollevata dalla Corte di Cassazione per due motivi: il primo è il premio di maggioranza, non ancorato a una soglia minima che deve essere raggiunta, mentre il secondo riguarda le liste bloccate. E’ quindi necessario che il Parlamento giunga a una modifica della legge elettorale ancor prima della decisione della Corte.
Per evitare cosa?
Per evitare che una eventuale e probabile decisione di illegittimità costituzionale porti a una sostanziale delegittimazione del Parlamento. Che forza politica e istituzionale può avere un Parlamento eletto con una legge elettorale che è stata ritenuta incostituzionale?
(Claudio Perlini)