Ma da dove è uscita questa proposta di amnistia? Il senatore del Partito democratico Nicola Latorre, uno dei più influenti leader del centrosinistra, risponde con un pizzico d’ironia, anche se si rende conto della problematicità della situazione: “Guardi, non so proprio da dove sia uscita, probabilmente dal cilindro del cappello”. Ogni giorno il cosiddetto “caso Berlusconi”, dopo la sentenza definitiva della Cassazione, crea colpi di scena, fa barcollare il governo, crea contrasti tra i partiti della “strana maggioranza”. Ormai sembra che tutto il nodo della questione italiana ruoti intorno a questa vicenda che riserva continue sorprese. “Ma è impensabile che si possa aprire una discussione sull’amnistia in questo momento – spiega ancora Latorre – su quello che è il caso Berlusconi, sul caso di una persona dove si tratta solo di applicare una legge. Bisogna ragionare principalmente da un punto di vista giuridico: l’amnistia è un provvedimento che viene adottato in alcune circostanze e riguarda tutti. Ci trovassimo di fronte a una riforma della giustizia, a qualche altra circostanza, allora si potrebbe affrontare il nodo di un’amnistia, ma che cosa c’entra in questo caso che riguarda una sola persona?”.



Senatore Latorre, lei vede altre vie d’uscita a una simile situazione che sta mettendo in crisi il governo Letta?

Intanto penso che sia impossibile cercare di risolvere la questione in un modo improprio. Poi, mi scusi, tocca soprattutto al Pdl, al centrodestra, trovare una soluzione ragionevole, che non può discostarsi dall’applicazione di una legge esistente. Credo che debbano trovare una soluzione al loro interno, altrimenti rischiano di restare prigionieri del berlusconismo e di non imprimere un rinnovamento, un salto di qualità al centrodestra.



Vista da fuori, tutta la questione sembra quasi un “braccio di ferro” per vedere chi la vince alla fine…

Ma guardi che lei si sbaglia, qui non siamo di fronte a un braccio di ferro, non ci sono neppure i presupposti in questo caso. Qui si tratta di applicare una legge. E guardi che chi glielo dice è un garantista, che è sempre stato interessato a sconfiggere politicamente Berlusconi e il berlusconismo. Capisco anche che al momento si debba prendere tempo, guardare bene nelle carte, ma alla fine non mi pare che ci siano altre strade, altre scorciatoie possibili. E penso che il Pd, senza puntare il dito contro una persona, resti compatto sul vero senso della vicenda e sulla decisione da prendere.



Da quello che si capisce, dagli umori che si colgono nel Pdl, nel centrodestra, la sensazione è che sul caso di Berlusconi si rischi seriamente la crisi di governo.

Noi non la vogliamo. Se il Pdl insisterà in questo atteggiamento alla fine se ne prenderà la responsabilità. Non so ancora dirle se ci sarà la crisi. Staremo a vedere. Se ci sarà la affronteremo.

 

In questi giorni nel Pd ha parlato Massimo D’alema, ha parlato anche Gianni Cuperlo, candidato alla segreteria del Pd. L’impressione, ma veramente solo un’ impressione, è che alle elezioni ci si stia già pensando. 

Guardi, al momento il Partito democratico deve svolgere il suo dibattito precongressuale e poi affrontare un congresso importante per nominare il nuovo segretario. Se ci sarà la crisi di governo e quindi le elezioni le affronteremo. A mio avviso il leader del partito, cioè il segretario, dovrebbe essere naturalmente anche il leader della coalizione. Io sono di questo parere, ma ovviamente si può anche affrontare la questione in modo differente. Le scadenze politiche sono queste per il Partito Democratico.

 

(Gianluigi Da Rold)