Il modo in cui si sta almanaccando su elezioni anticipate a breve scadenza sembra evidenziare una perdita di senso della realtà. Più che alla vittoria dei “falchi”, nel Pdl e nel Pd, siamo di fronte al diffondersi di un infantilismo che pensa di risolvere i problemi alzando la voce e credendo di avere scorciatoie vincenti a portata di mano. In particolare la tesi dei “falchi” berlusconiani che Camera e Senato si autoaffondino nei tempi strettamente necessari a Berlusconi per ricandidarsi “premier” forse è un po’ imprudente.
Infatti quel che succederà quando i ministri del Pdl si dimetteranno è abbastanza prevedibile. Il Presidente del Consiglio si recherà al Quirinale per rassegnare il mandato. Scioglimento delle Camere a tambur battente? Poco verosimile che il Presidente della Repubblica lo faccia e cioè si metta in conflitto con la Corte Costituzionale portando l’Italia ad un voto drammatico – decisivo per le sue sorti economiche ed internazionali – con una legge elettorale su cui grava un’eccezione di illegittimità. E comunque – verosimilmente – tenterà in un primo tempo di evitarlo.
Le strade sono, se non molte, più d’una ed i precedenti su cui basarsi non mancano nella storia della Prima e della Seconda Repubblica.
Le mosse iniziali, imposte dalla prassi presidenziale, sono, ad esempio, almeno due che possono essere perseguite anche in successione. La prima è il reincarico a Letta. Alla Camera la maggioranza è scontata, il problema è il margine di manovra in Senato. Esiste? Dipende anche dal clima politico che, probabilmente (fatto che sfugge ai “falchi”), sarà un po’ diverso da quello attuale. Oggi esiste un atteggiamento di diffuso rispetto nei confronti di Berlusconi condannato. La legge deve essere uguale per tutti, ma che il principale contribuente italiano venga posto agli arresti per evasione fiscale è indubbiamente un’esagerazione. La commutazione della pena appare a molti una strada ragionevole.
Ma in una situazione incendiaria non è il buon senso a prevalere. Aprendo la crisi di governo come “ritorsione”, con i “falchi” che attaccano il Capo dello Stato per non aver “aggiustato” la sentenza della Cassazione e, al tempo stesso, per essere autoritario, “presidenzialista”, oltrepassando i limiti costituzionali, verosimilmente il Cavaliere si pone in una posizione di assoluto isolamento e di contrapposizione frontale con “il resto del mondo” sul piano politico, istituzionale, personale e mediatico. Si va a un dibattito parlamentare di scontro incendiario tra berlusconiani e antiberlusconiani.
Enrico Letta, da parte sua, formerà, ovviamente, un governo che si presenterà alle Camere contro Berlusconi facendo appello al senso di responsabilità su una piattaforma di misure economiche ritenute affidabili in campo europeo – da Draghi alla Merkel – e che, al tempo stesso, allentano il rigore con il sostegno della Confindustria e dei sindacati. Sarà bocciato?
A Montecitorio la maggioranza è certa. Nel Senato del “porcellum” tutti pronti all’autoaffondamento dopo solo duecento giorni? Poco probabile. Fantastichiamo pure che succeda. Ad esempio Vendola potrebbe irrigidirsi in un veto al premier che ha fatto “le larghe intese”. Ma anche in questo caso – siamo già a settembre inoltrato – è impensabile un iter precipitoso verso le urne.
I precedenti impongono che il Quirinale debba fare uno scrupoloso accertamento e, soprattutto, indicano che in caso estremo, come già avvenuto prima dello scioglimento anticipato delle Camere nell’83 e nell’87, il Presidente della Repubblica dia l’incarico alla seconda carica dello Stato. E cioè in caso di bocciatura di Enrico Letta si va – quasi automaticamente – ad un Governo presieduto da Pietro Grasso.
Anche in questo caso la fiducia della Camera è certa. A Palazzo Madama è davvero scontato che (come sostengono i “falchi” del Cavaliere) i senatori boccino il loro Presidente? Per poi, in buona parte di loro, uscire (ingloriosamente) di scena? Non va dimenticato che Grasso ha già avuto una maggioranza per essere eletto in quell’assemblea. E’ vero che il voto era segreto, mentre la fiducia è palese.
Ma è anche facilmente immaginabile che Grasso, come presidente del Senato, si presenterà in aula, avendo già alle spalle un consenso da Monti a Vendola, con un esecutivo non dei partiti, di “alto profilo” istituzionale, con autorevoli tecnici ai ministeri economici e “celebrità” (secondo la definizione di Hobsbawm) venerate – senza soluzione di continuità – dal “popolo delle primarie” ai “cittadini-twitter”. È quindi naturale che Grasso chiederà la fiducia “istituzionale”, al di là dei partiti, prospettando come priorità l’interesse nazionale e la trasparenza costituzionale e disegnando come principali impegni la legge di stabilità e la modifica della legge elettorale. In aggiunta c’è, dato il clima determinato dalla crisi per “ritorsione”, la possibilità di una rapida approvazione (basta un solo articolo) di una legge sul conflitto di interesse che eviti la ricandidatura di Berlusconi indipendentemente da legge Severino e sentenze giudiziarie.
I “cinquestelle”, di fronte a Grasso, si schiereranno tutti in blocco come “scudo umano” a fianco della rinata “Forza Italia” in tempo assolutamente utile alla ricandidatura di Berlusconi?
Sostanza: la linea dei “falchi” del Pdl porterà o a un governo di sinistra che disegnerà i nuovi collegi uninominali “ad personam” oppure, dopo una lunga crisi ministeriale, ad una campagna elettorale in cui il Pd (con Letta o Renzi) potrà mettere sotto accusa, insieme, come “irresponsabili” Grillo e Berlusconi. I “falchi” del Pdl presenteranno in tale contesto alle urne la nuova “Forza Italia” – il “ritorno al ’94” – come una formazione di “nostalgici”.
E i “falchi” del Pd? Anche con Matteo Renzi la sinistra postcomunista in questo caso si cristallizzerà come il “potere temporale” di un “potere giudiziario” che persino secondo Luciano Violante ha bisogno di sostanziali riforme. Decretare in modo spiccio la decadenza di Berlusconi ricorrendo ad un espediente controverso applicato per la prima volta rappresenta un “vulnus” che sarà difficile mettersi alle spalle: dall’ “Ha da venì Baffone” all’ “Ha da venì la Procura”.
Quel che accomuna i “falchi” di PD e PDL, più in generale, è il “chiamarsi fuori” dai governi da loro presieduti nella “Seconda Repubblica” mettendo sotto accusa in blocco, gli uni, il “ventennio berlusconiano” e, gli altri, gli alleati-traditori che avrebbero vanificato le promesse del Cavaliere. Comunque un fallimento in blocco dei governi di destra e di sinistra.
E’ significativo che il Movimento 5 Stelle, che, a partire dalle “larghe intese”, era andato in discesa in tutti i sondaggi, ora, in questa gara ad alzare la voce e a considerare un fallimento la politica degli ultimi venti anni, abbia invertito la tendenza e Grillo stia recuperando consenso.