Il signor Antonio Esposito è il presidente della sezione feriale della Cassazione che giovedì ha confermato la condanna di Silvio Berlusconi nel processo per i diritti tv Mediaset. Esposito, in un’intervista su Il Mattino, ha spiegato che Berlusconi non è stato condannato sulla base del principio “non poteva non sapere” ma perché “sapeva”. Le parole esatte sono: «Noi potremmo dire: tu venivi portato a conoscenza di quel che succedeva. Non è che tu non potevi non sapere perché eri il capo. Teoricamente, il capo potrebbe non sapere. No, tu venivi portato a conoscenza di quello che succedeva. Tu non potevi non sapere, perché Tizio, Caio o Sempronio hanno detto che te lo hanno riferito. È un po’ diverso dal non poteva non sapere». Immediata la smentita del diretto interessato, a sua volta smentita dal direttore Alessandro Barbano che, sul sito internet del suo quotidiano, ha pubblicato l’audio della registrazione. Nel frattempo, il primo presidente della Cassazione, Giorgio Santacroce, ha definito l’intervista inopportuna, mentre il ministro della Giustizia sta acquisendo elementi in merito alla vicenda. Tre consiglieri del Consiglio superiore della magistratura, infine, Filiberto Palumbo, Bartolomeo Romano e Nicolò Zanon, hanno chiesto l’apertura di una pratica sul caso. All’ultimo di costoro, abbiamo chiesto di commentare la vicenda.
Cosa ne pensa dell’intervista di Esposito?
Ci sono dei profili di inopportunità grandi come una casa.
Cos’ha fatto di così grave?
Esposito è il presidente di un collegio che ha appena emesso una sentenza gravida di conseguenze per il Paese, su un caso estremamente delicato. Consideriamo profondamente inopportuno e rivelatore di una deontologia quantomeno disinvolta il fatto che prima ancora che le motivazioni della sentenza siano state depositate, il giudice in questione discetti con la stampa di quel pronunciamento. Oltretutto, permettendosi di esprimere un giudizio non tanto in astratto, come sostiene lui, quanto discutendo dei fatti concreti.
Ovvero?
Dire che Berlusconi “sapeva” non mi pare una considerazione relativa ad eventuali vizi di liceità procedurale, sui quali la Cassazione è chiamata ad esprimersi, ma riguardante il merito della vicenda. Tanto più che ha fatto riferimento a dei testimoni.
Depositate le motivazioni, avrebbe potuto discettarne legittimamente?
Guardi, io sono dell’idea che i giudici debbano esprimersi attraverso le sentenze. Non è comunque il caso di commentarle con le interviste. Mi pare che dispongano già di enormi poteri. Che dovrebbero accompagnarsi a doveri di riservatezza e continenza che non possono essere così impunemente violati.
Lei ha chiesto addirittura l’apertura di una pratica
Se si evidenzieranno dei profili di natura disciplinare, spetterà ai titolari dell’eventuale azione stabilirlo; quel che è certo è che ci sono dei profili di correttezza professionale che il Csm dovrà valutare. Per questo abbiamo chiesto al comitato di presidenza di aprire una pratica che abbia per oggetto il testo per l’intervista.
Ora che succede?
Il Comitato, quando si riunirà, dovrà decidere se aprire o meno la pratica, decidendo a quale commissione affidarla. Presumibilmente, la affiderà alla Prima, (inchieste riguardanti i magistrati), che potrebbe trasmettere le proprie valutazioni al ministro della Giustizia e al Procuratore generale, laddove ravvisasse profili disciplinari. Ritengo che anche la Quarta Commissione dovrebbe essere informata (valutazioni della professionalità) dovrebbe prendere il caso in considerazione, inserendo la vicenda nel fascicolo personale del giudice.
Ci potranno essere effetti sulla sentenza?
Questo è del tutto impossibile.
Se, tuttavia, i legali di Berlusconi optassero per un ricorso presso la Corte di Giustizia Europea, un eventuale pronunciamento negativo su Esposito cosa comporterebbe?
Diciamo che un’intervista del genere, nell’ambito di un ricorso presso la Corte, non deporrebbe a favore della correttezza, dell’imparzialità e dell’equilibrio del presidente del collegio giudicante.
(Paolo Nessi)