Ciò che colpisce di più, nelle reazioni di questi giorni alla condanna di Berlusconi, è l’assoluta assenza di lucidità che hanno dimostrato la classe politica e la stampa, esponenti dei partiti, commentatori ed opinionisti. È come se nessuno sapesse più cosa fare. E’ come se nessuno si fosse aspettato ciò che era fin troppo noto  (e forse, come dice Hegel, proprio perché noto, non conosciuto): la condanna definitiva. Molti tra i “falchi” e le “colombe” del Pdl erano convinti dell’assoluzione, e con loro parte del Pd. Persino i “bookmakers” avevano quotato a 1,25 (contro 2,95 della condanna) la cassazione della sentenza.



Come se giungesse inaspettata, imprevedibile, la sentenza della Cassazione ha creato un senso di assurdo nella politica italiana, una corsa a cercare soluzioni senza alcuna logica. Dalla grazia chiesta a Napolitano fino alla riforma immediata della legge elettorale e della giustizia (piccoli corto-circuiti: la riforma della legge elettorale era stata un mese fa – proprio per iniziativa dell’accordo tra Pdl e Pd – rinviata ed inserita all’interno della lunga procedura di revisione costituzionale che spetterà al Comitato dei 40 tra deputati e senatori).  



Anche la polemica sulla decadenza dalla carica di senatore derivante dall’applicazione della legge anticorruzione Severino-Monti ha qualcosa di assurdo, più che di “giuridico”: le norme ad personam, ora, devono anche essere disapplicate ad personam? Eterogenesi dei fini: le leggi salva-Berlusconi devono essere disapplicate per salvare Berlusconi. C’è forse prova più evidente per dimostrare la devastazione del sistema giuridico e politico di questi ultimi vent’anni?

Occorre, però, prepararsi all’effetto domino. I processi di Berlusconi non sono finiti: ci saranno altre sentenze e, presumibilmente, altre condanne definitive. Inoltre la Giunta delle Elezioni dovrà finalmente decidere sull’applicabilità della legge n. 361/1957 al leader del Pdl: il Pd avrà il coraggio, dopo la condanna della Cassazione, di schierarsi a fianco del Pdl? La situazione sembra destinata a farsi sempre più assurda, sempre più incomprensibile.



Il vero problema, in realtà, è un altro. E’ il fatto che, alle prossime elezioni, Berlusconi non potrà comunque presentarsi. Non è la decadenza, ma l’incandidabilità il vero punto debole.

Berlusconi è politicamente finito, per sempre. Il suo discorso di Via del Plebiscito è stato un discorso d’addio, fatto – come ogni commiato – di ricordi, commozione, stanchezza e saluti («La mia riconoscenza va verso di voi, verso ciascuno di voi per la commozione che mi avete creato e per il fatto che siete riusciti con un atto di amore a trasformare quello che in me era angoscia e dolore. Credo che mi porterò per sempre questo abbraccio»).

Il Pdl ha bisogno di tempo. Il suo vantaggio è che anche il Governo Letta ha bisogno di tempo. E, soprattutto, che a dettare i tempi è il Capo dello Stato, per il quale lo spettro delle elezioni anticipate è ciò che deve essere con ogni mezzo scongiurato. Mantenere “bloccato” il sistema sembra essere, per ora, l’unica soluzione. Il Pd, da parte sua, segue, in coda disordinata – con i suoi “falchi” e le sue fronde interne –, il Pdl.

Nessuno capisce, però, che il tempo, prima o poi, inizierà a giocare contro questa classe politica. Da lento si farà rapidissimo. Fino a che, davvero, non ci sarà più tempo.