Un Matteo Renzi a tutto tondo, che sbaraglia alle Feste del Partito democratico e che ormai si impone all’interno, ripiegando al momento sulla segreteria. Ma che guarda all’altro candidato e futuro leader, Enrico Letta, attualmente presidente del Consiglio di un governo di emergenza e in emergenza, con una certa supponenza. Gli ha mandato a dire, più o meno, di non “guardare troppo alla poltrona ma al Paese”. Che cosa fa il partito, di fronte a un simile ciclone di parole e di presenza, popolare anche a Porta a Porta di Bruno Vespa, con la pubblicità pure di dichiarazioni della nonna? Replica con una puntuta – ma anche di facciata – dichiarazione del segretario pro-tempore Guglielmo Epifani.



Pare che la nomenklatura del Pd si sia arresa di fronte a Renzi, che lo voglia “abbracciare”, come Nicolò Machiavelli suggeriva nei confronti del nemico più pericoloso. Pochi nel Pd oggi si oppongono, forse Massimo D’Alema con la sua candidatura di Gianni Cuperlo, ma dipende anche dalla consistenza che D’Alema avrà nel dibattito congressuale e soprattutto nella percentuale dei sostenitori. E’ evidente che la capacità di comunicazione di Renzi, la sua sveltezza, colpiscono, ma fanno anche pensare alla differenza di tradizione della sinistra di oggi rispetto a quella di un tempo. Piero Sansonetti, antica anima di sinistra, spirito libero e ribelle, oggi direttore de Gli altri, non si tira di certo indietro nel giudizio sulla stato del dibattito precongressuale e sull’operazione Renzi.



Che cosa ne pensa Sansonetti?

A me pare che all’interno del Pd possono discutere di quello che si vuole, ma se l’operazione Renzi viene sponsorizzata da De Benedetti, è cosa fatta. Io ho lavorato all’Unità che era l’organo del Pci, ora il Pd è l’organo di Repubblica, cioè di De Benedetti. Se l’editore di Repubblica si è messo in testa di silurare il governo Letta, il governo Letta alla fine cade. Questa è la mia opinione, del resto già suffragata dal siluramento dell’ultimo governo Prodi, che, per inciso, volle proprio De Benedetti.

Ma dell’operazione Renzi in se stessa, all’interno del Pd, che ne pensa?



A mio parere è la ripetizione dell’operazione Veltroni, fatta in sedicesimi. Non ho avuto un buon giudizio su Veltroni come uomo politico, con Renzi si fa pure un passo indietro. Tutto sommato Veltroni aveva vissuto in una grande scuola, qualche cosa aveva pure imparato, Renzi non ha neppure questa tradizione alle spalle, ne ha una ben diversa. Devo dire che comunque, al contrario di Veltroni, Renzi ce la può anche fare, proprio per la scuola da cui proviene.

Alla fine si rivelerebbe una scelta politica azzeccata.

Ma non parliamo più di politica, di quella che abbiamo conosciuto io e lei. Questo è ormai un altro mestiere. Basta sentir parlare Renzi, misurare la sua cultura, il suo modo di fare. La politica è un’altra cosa, diversa, o forse non esiste più.

 

Sta quasi dipingendo un’epoca da basso impero.

Guardi, il basso impero doveva essere anche divertente, per una serie di cose che è inutile elencare adesso, invece ora siamo in un’atmosfera di noia incredibile. E’ un periodo noiosissimo, un’epoca noiosissima.

 

Lei crede che nel Pd siano tutti d’accordo sulla segreteria Renzi e poi su una leadership Renzi? Che ne pensa di quello che può fare un leader storico come Massimo D’Alema?

Io credo che D’Alema non sia affatto d’accordo su questa soluzione. Aveva proposto un patto a Renzi: a me il partito, a te il governo. Il patto non è stato concluso e quindi credo che D’Alema darà battaglia. Io voglio azzardare un’ipotesi: in determinate condizioni, D’Alema può anche pensare a una scissione nel Pd.

 

(Gianluigi Da Rold)