Ilda Boccassini partecipa a un dibattito affollato a Milano organizzato per la presentazione di un libro di Lionello Macini, “L’onere della Toga” e lancia un autentico sasso in piccionaia. Il pm milanese, che spesso viene definita sbrigativamente come una “pasionaria” e una intransigente “moralista”, pone una questione che sembra aprire a un ripensamento meditato di tutto l’impianto della giustizia italiana. Dice Ilda Boccassini: “Ognuno deve fare la propria parte, anche i politici, anche i giornalisti, ma in questi venti anni lo sbaglio di noi magistrati è di non aver mai fatto un’autocritica o una riflessione”.
Il pm di Milano specifica: “Si è verificato ed è inaccettabile che alcune indagini siano servite ad altro, per gli stessi magistrati, per carriere, per entrare in politica”. Sembra rivendicare talmente la sua indipendenza, Ilda Boccassini, che si dimostra irritata persino di fronte al cosiddetto “consenso sociale” verso la magistratura, quello che lei stessa ha trovato quando, magistrato in Sicilia, veniva a trovare i colleghi del pool milanese di “Mani pulite”.
Ilda Boccassini non è nuova a queste esternazioni di dissonanza con altri magistrati. Famosa è rimasta la sua polemica con altri magistrati dopo la morte di Giovanni Falcone. Indubbiamente quello che dice oggi Ilda Boccassini ha un valore rilevante, perché sul tappeto ci sono il ruolo della magistratura, la richiesta di una riforma dell’amministrazione della giustizia, tanti casi che finiscono sempre per dividere l’opinione pubblica. Ma Ilda Boccassini in questo invito a una riflessione della magistratura, non è affatto sola. Da anni ad esempio, un altro ex magistrato che è sempre stato in prima linea, oltre a essere un politico di raffinate qualità, ha posto questo problema di riflessione.
Nel 2009, Luciano Violante ha scritto un libro su cui si dovrebbe meditare. Un libro da titolo diretto: “Magistrati”. Sulla copertina dello stesso libro campeggiava questa frase: “I giudici devono essere leoni, ma leoni sotto il trono”, scriveva Francis Bacon quattro secoli fa. Il rapporto tra politica e giustizia resta difficile ancora oggi. Il trono ambisce a schiacciare i leoni. I leoni manifestano una certa propensione a sedersi sul trono. Solo una solida, laica coscienza istituzionale può garantire il raggiungimento di un equilibrio democratico”. Quella frase di copertina sembrava al lettore non solo una riflessione, a suo modo anche una sorta di autocritica per quello che è avvenuto in questi anni.
Onorevole Violante, ha letto sui giornali quello che ha detto Ilda Boccassini? Lo condivide?
È condivisibile. Una profonda riflessione da parte della magistratura mi pare indispensabile. E deve riflettere pensando soprattutto al suo futuro, non continuando a guardare al passato e alle, ormai, polverose recriminazioni. Il passato esiste e in quel passato esistono le grandi virtù di alcuni e i grandi difetti di altri. Ma il passato diventa una gabbia se non si ha il coraggio di proiettarsi in avanti.
Lei è ormai noto, parlando dei rapporti tra magistratura e media (tema toccato anche da Ilda Boccassini), per una battuta al fulmicotone: “La vera separazione delle carriere dovrebbe essere quella tra magistrati e giornalisti”. Una critica carica di ironia per una solidarietà impropria che spesso si stabilisce tra media e magistrati. Ma a parte questo, perché ritiene utile questa riflessione?
Perché c’è troppa confusione nei rapporti interni, con la politica, con l’avvocatura e con i mezzi di comunicazione.
Si tratta quindi di stabilire un equilibrio corretto tra i poteri dello Stato. Ma al proposito, professor Violante, vorrei una sua precisazione sul ruolo della magistratura: “potere” o “ordine”?
Si discute spesso di questa distinzione. E’ la Costituzione che al proposito lascia qualche ambiguità, ma la lettura della Corte istituzionale e della dottrina costituzionalistica è che la magistratura è un potere dello Stato. E’ una lettura assolutamente corretta; ma bisogna aggiungere che essere potere dello Stato non è un privilegio, è una responsabilità.
(Gianluigi Da Rold)