E’ il 1990. A Paolo Barsacchi, senatore e sottosegretario socialista morto quattro anni prima, è imputata – dai compagni di partito – la responsabilità di una tangente da 270 milioni di lire. Anna Maria Gemignani, la vedova, ritiene che la memoria di suo marito stia venendo infangata. E minaccia di fare nomi e cognomi ai magistrati. Il 21 settembre Giuliano Amato decide di telefonarle. La prega di sostenere in tribunale che Barsacchi non c’entrava nulla con la vicenda. Ma di non aggiungere altro. E, soprattutto, di non fare nomi. E’ quanto emerge dalla ricostruzione di Emiliano Liuzzi sul Fatto Quotidiano, in cui viene citata l’intercettazione della conversazione e le carte dei giudici del tribunale di Pisa, Alberto Bargagna, Carmelo Solarino e Alberto De Palma, che nel dicembre del 1990 condannarono i responsabili di quella tangente. Tutto questo, ovviamente, per dire che Amato non andava nominato giudice della Corte Costituzionale. Una ragione in più, specie da parte dei grillini, per chiederne le dimissioni. Stefania Craxi ci spiega perché la vicenda va analizzata molto più in profondità.



Amato non ci fa una bellissima figura.

Diciamo, anzitutto, che sulla storia della prima Repubblica (che non é stata una storia criminale!) andrebbe scritta finalmente una pagina di verità. Si sono fatte commissioni d’inchiesta su tutti gli scandali possibili immaginabili. Tranne che su Tangentopoli.

Veniamo ad Amato.



In quell’occasione, come in tante altre, avrebbe fatto bene a dire la verità. E difendere e a rivendicare la sua storia politica. Che non è quella di un ladro né di un partito di ladri.

C’è chi dice il contrario.

Il sistema del finanziamento illegale ai partiti è un fenomeno che ha attraversato tutta la prima Repubblica. A partire dagli albori della Costituente. E ha riguardato tutti i partiti. Indistintamente. Questi atteggiamenti scandalizzati, quindi, lasciano il tempo che trovano.

Non tutti, però, vengono poi nominati giudici della Corte Costituzionale.

Guardi… perché, mi domando, non si iniziano a pubblicare anche le intercettazioni degli altri?



Di chi?

Delle intercettazioni delle conversazioni tra i protagonisti della vicenda legate al Monte Dei Paschi di Siena non si è visto l’ombra, per esempio. 

 

Tornando al Psi. Non era un partito di ladri. Cos’era?

Era una comunità di ideali e azione politica. Una comunità in cui c’erano ladri. Come ovunque. E che, come tali, andavano perseguiti e condannati. Ma il finanziamento illegale ai partiti, di per sé, era un reato solamente perché si era deciso di ritenerlo tale. Ci si dimentica, inoltre, che fin dalla nascita della Repubblica era l’unico modo per contrastare i finanziamenti illegali provenienti dai Paesi stranieri. Per evitare che il Pci, che riceveva soldi da una potenza militare ostile all’Italia, prendesse il sopravvento. I partiti democratici decisero di contrastarlo usando i soldi come vengono usati in tutto il resto del mondo: come arma. E il sistema industriale decise di finanziare la democrazia. Questa è la storia dell’Italia.

 

Come si spiega il dilagare della corruzione?

La corruzione è questione distinta dal finanziamento illegale ai partiti. Certo è indubbio che i corrotti ci furono, proliferarono, e condussero la nostra società politica al degrado. Ma anziché contrastare quel degrado, come peraltro chiese mio padre il 3 luglio del 1992, si scelse la strada dell’opportunismo e della viltà. Con il risultato che il nostro sistema politico è andato distrutto. Mentre la corruzione impera.

 

Nel merito, cosa ne pensa della scelta di Amato?

Come è noto, non ho mai avuto problemi a rimproverargli di non aver mai difeso a sufficienza la sua storia politica. Credo, tuttavia, che abbia la cultura, l’intelligenza e la capacità di assumere un ruolo del genere. La ritengo un’ottima scelta. 

 

(Paolo Nessi