“Se il voto sulla decadenza di Berlusconi dovesse aprire una crisi di governo, l’Italia sarà commissariata. Un fatto che renderebbe esplicita una situazione già di per sé paradossale, con il governo Letta che sarà chiamato a scrivere una Finanziaria la cui approvazione finale non sarà decisa dal Parlamento italiano ma dall’Europa. Da un’Unione cioè che è sempre più uno schermo che serve per proteggere gli interessi di tutte quelle istituzioni finanziarie che hanno alimentato lo squilibrio delle partite correnti all’interno dell’Europa”. Ad affermarlo è Alessandro Mangia, docente di Diritto Costituzionale all’Università Cattolica di Piacenza. Per il professor Mangia il voto sulla decadenza di Berlusconi rischia di destabilizzare ulteriormente la situazione. A renderla ancora più incerta è il giallo sul videomessaggio del Cavaliere, la cui diffusione è stata rinviata a mercoledì attorno all’ora di pranzo.



Professor Mangia, che cosa accadrebbe se il voto sulla decadenza di Berlusconi aprisse una crisi di governo?

Il dato di partenza è che ci vuole qualcuno che approvi la finanziaria, anche perché se così non fosse a farlo sarà Bruxelles. Tutto ciò prospetta un commissariamento dell’Italia, come se già non fosse di per sé sufficiente il fatto che il Fiscal compact preveda una revisione delle leggi finanziarie da parte di autorità esterne. La conseguenza è che il Parlamento non approva più una legge finanziaria in libertà, ma sotto dettatura esterna.



E quindi?

Una volta scritta, la manovra è sottoposta a controlli esterni che ne valutano il rispetto dei parametri a partire dal rapporto deficit/Pil che non deve superare il 3%, sotto minaccia di riaprire la procedura di infrazione. Oggi come oggi l’Unione Europea è soltanto uno schermo e una facciata formale che serve per sviluppare determinate politiche.

E chi c’è dietro a questo schermo?

Dietro a questo schermo c’è l’interesse di tutte quelle istituzioni finanziarie che hanno alimentato lo squilibrio delle partite correnti all’interno dell’Europa. Istituzioni finanziarie e grandi imprese dei Paesi del Nord hanno inondato di liquidità le economie del Sud Europa, avvantaggiandosi di tassi di interesse più alti di quelli che avrebbero potuto ottenere nei paesi di origine. Adesso queste istituzioni, dopo lo shock finanziario partito nel 2007 – e che da noi è arrivato in ritardo – vogliono rientrare, ma temono di non riuscire a farlo rispetto alle esposizioni in atto. Da qui le politiche di austerity che hanno devastato l’Europa: o meglio, quella parte di Europa che negli anni passati si è trovata di colpo inondata di liquidità a basso costo. Che il problema dell’Europa non fossero i debiti pubblici, ma lo squilibrio delle bilance commerciali e delle politiche concorrenziali interne all’Europa, un anno fa poteva sembrare una affermazione fuori dal coro e quasi eretica. Adesso lo dicono tutti, da Prodi a Fitoussi. Oggi, lentamente, si sta cominciando a capire la fragilità dell’Euro quando, fuori d’Europa, questa fragilità era già stata annunciata ben prima dell’entrata in scena di una moneta senza stato. E’ che una moneta senza stato porta necessariamente a stati senza moneta.



Che cosa c’entra tutto ciò con il voto su Berlusconi?

Il voto su Berlusconi rischia di destabilizzare un quadro politico estremamente fragile. Enrico Letta sarebbe stato ben contento se non avesse dovuto passare l’ultimo mese e mezzo a preoccuparsi della durata del governo che guida, preso come è tra vincoli esterni ed esigenze di rilancio di una economia massacrata in nome dell’Europa.

 

In questo quadro come valuta il ruolo di Napolitano?

La verità è che in Italia dopo le ultime elezioni c’è stato un vuoto totale della politica. E’ normale che, in questa situazione, il vuoto sia colmato da altre istituzioni, le quali sarebbero felicissime di operare in un contesto di normalità. Insomma, non è il presidente della Repubblica che si arroga dei poteri che non sono suoi. E’ che, in questa fase, Napolitano sta svolgendo una funzione suppletiva che gli è stata consegnata dalle stesse forze politiche che lo hanno rieletto.

 

Che cosa ne pensa invece per quanto riguarda il dibattito sul voto segreto?

Su questa questione la Costituzione è molto chiara. I regolamenti parlamentari sono approvati da ciascuna Camera a maggioranza assoluta. Non c’è dubbio che, con i tempi e le forme dovute, i regolamenti si possano modificare, come è stato ventilato negli ultimi giorni. Almeno dai tempi del governo Spadolini, il voto al Senato sulle singole persone è segreto per ragioni che sono facilmente intuibili. Certo, è singolare che si vogliano cambiare in corsa le regole che disciplinano un procedimento che è già cominciato dieci giorni fa davanti alla giunta per le elezioni.

 

Che cosa c’è dietro la richiesta di introdurre il voto palese?

La ragione è che si ha semplicemente paura di un esito che non è affatto scontato. Un voto segreto potrebbe salvare Berlusconi. E allora per eliminare questo rischio si parla di modifiche dei regolamenti. Desidero sottolineare che il procedimento di esame della posizione di Berlusconi è già incominciato. Siccome si teme un esito che sarebbe difficile da spiegare ai rispettivi elettorati, si modificano le regole nel bel mezzo del procedimento. Insomma, dalle leggi ad personam si passa al procedimento di voto ad personam. Sinceramente non riesco a vedere la differenza.

 

(Pietro Vernizzi)