Si è concluso il lavoro dei Saggi cui il Governo aveva dato l’incarico di prospettare interventi riformatori alla Costituzione italiana del 1948, da sottoporre al Parlamento perché proceda a elaborare un progetto di legge costituzionale con le relative innovazioni. 

Data la natura dell’incarico, la Commissione ha elaborato diverse proposte, tra loro anche alternative, accomunate tuttavia dall’intento di rendere più funzionali le nostre istituzioni. Comuni alcune posizioni di fondo quali la necessità di modificare la struttura e le funzioni del Parlamento, oggi bicamerale con parità di funzioni per le due Assemblee, anche riducendone il numero dei componenti. Oltre a questo elemento, le riflessioni condotte in via preliminare avevano consolidato la consapevolezza, unanimemente condivisa, dell’importanza di incrementare l’efficienza del governo modificandone la forma e, di conseguenza, il sistema elettorale. Da ultimo, imprescindibile era apparsa la questione della riforma del Titolo V, parte II della Costituzione, relativa ai rapporti tra lo Stato e le Regioni; tale riforma, messa in atto negli anni 1999-2001, aveva in breve tempo mostrato svariati limiti, cui ora occorreva porre rimedio.



Diverse le strade ma unico, dunque, era apparso lo scopo dei lavori cosicché questa è stata, in ultima analisi, la cifra delle discussioni: i componenti della Commissione, pur provenendo da diverse formazioni culturali e da diverse correnti accademiche, hanno respirato fin dall’inizio questa dimensione di unitarietà, che ha permesso di superare dissensi e divergenze per cooperare tutti a comporre un unico disegno.



Nei dettagli, quanto alla riforma del Parlamento, le soluzioni semplificatrici proposte sono state – oltre ad una minoritaria posizione orientata al monocameralismo – la creazione di un parlamento ancora bicamerale ma con una prima Camera politica e una seconda finalizzata a dare rappresentanza alle istituzioni locali (Senato della Repubblica eletto su base regionale dai Consigli regionali, dai Consigli delle Autonomie locali e/o ad elezione diretta); sul Governo, tra le direzioni individuate come utili allo scopo del rafforzamento della sua capacità di azione vi è il semipresidenzialismo, il parlamentarismo classico con alcune modifiche volte a sostenere l’azione del Governo e una forma intermedia, il governo parlamentare del Primo ministro, ove quest’ultimo gode di prerogative di rilievo quale quella di chiedere al presidente lo scioglimento delle Camere. 



A queste proposte sono state poi affiancate diverse proposte relative al sistema elettorale, quest’ultimo indirizzato anch’esso a consentire al popolo sovrano di individuare una maggioranza solida, capace di esprimere un governo tendenzialmente duraturo. 

Da ultimo, sono state elaborate proposte di modifica del Titolo V, volte a semplificare il sistema delle competenze riportando al centro materie di naturale competenza nazionale e dotando il centro stesso di poteri di intervento in casi di necessità. 

Queste, a grandi linee, le proposte emerse dal lavoro – intenso − compiuto nelle sedute di giugno e luglio e nella Conferenza finale. Un lavoro che, come si è detto, ha mantenuto fino all’ultimo una unitarietà di intenti che ha giovato alla coerenza delle proposte, pur nella loro differenziazione. 

Ora spetta al Parlamento dare espressione compiuta alla riforma, con l’auspicio che le pagine elaborate possano essere un buon segnavia per arrivare alla meta.