Matteo Renzi si candida ufficialmente alla segreteria del Partito Democratico, un primo passo nel percorso che potrebbe un giorno portarlo a Palazzo Chigi. Intervistato da Enrico Mentana durante la Festa nazionale del Pd a Genova, il sindaco di Firenze si è detto finalmente “disponibile a guidare il partito, ma bisogna sapere se lo vogliono anche gli elettori. Si vedrà con il prossimo Congresso e le primarie”. L’anno scorso, ricorda Renzi, “ero candidato alle primarie e venivo considerato come un possibile distruttore della sinistra solo perché avevo detto che in caso di vittoria avrei mandato a casa un po’ di persone che stavano lì da 30 anni. La prima svolta si è avuta con la mia sconfitta alle primarie. Ho lottato fino all’ultimo giorno prima del voto. Ho ammesso la mia sconfitta contro la malattia degli italiani di non ammettere mai le sconfitte. Sono tornato al mio lavoro di sindaco senza chiedere nessun premio di consolazione”. Parlando della “seconda svolta”, invece, cioè “la sconfitta del Pd il 25 febbraio”, Renzi lancia la prima frecciata a Pier Luigi Bersani: “Se avessimo pensato meno a smacchiare il giaguaro e ad occuparci di più dei giovani e del lavoro, ora al governo ci saremmo noi, senza Brunetta o Alfano”, ha detto. “Abbiamo avuto paura e con la paura non si può vincere nulla. Ribadisco quanto detto allora: serve prendere anche il voto degli altri per vincere. Non abbiamo perso per un giaguaro ma solo perché ci siamo fermati, arroganti del fatto di essere certi di aver già vinto. Abbiamo perso 3 milioni di voti a favore di Grillo perché una parte dei nostri elettori si era rotta di noi e della nostra non coerenza tra parole e fatti come sulla riforma della legge elettorale e l’abrogazione del finanziamento pubblico ai partiti”. Poi aggiunge: “In Italia si dovrebbe investire sull’educazione, sul sapere. Un paese civile parla di sapere e parte dalle piccole cose per migliorare la vita quotidiana. Se si smacchia il giaguaro non si risolve il problemi degli asili nido”.