“Il richiamo di Berlusconi all’importanza della stabilità del governo nasce dal fatto che il Cavaliere ha compreso che è proprio questo ciò che vogliono gli italiani. Il Cavaliere dimostra di essere sostanzialmente un politico, riuscendo a intrecciare magistralmente interesse generale e convenienze personali”. Ad affermarlo è Antonio Polito, editorialista del Corriere della Sera, che commenta così le parole di Berlusconi in occasione dell’inaugurazione della nuova sede di Forza Italia. Il Cavaliere ha rivendicato: “Abbiamo dato prove di responsabilità straordinarie, perché la stabilità in questo momento è un bene”.



Polito, il sostegno di Berlusconi al governo nasce da un calcolo o da convenienze personali?

Berlusconi ha affermato che “la stabilità ora è un bene” perché si tratta di una posizione popolare. La grande maggioranza degli italiani pensa che il governo Letta debba andare avanti. Sono in pochi ad avere voglia di imbarcare il Paese in un’altra crisi politica e in nuove elezioni anticipate, magari con la stessa legge e senza la speranza realistica di vederne uscire una maggioranza solida. Berlusconi dice insomma quello che pensa la maggioranza degli italiani.



I guai giudiziari non hanno messo in crisi il fiuto politico del Cavaliere?

No, anzi in questo modo Berlusconi conferma di essere un uomo politicamente abile, che tenta sempre di combinare il suo interesse personale o politico con l’opportunità e con il consenso. Raramente il Cavaliere prende posizioni in senso opposto all’orientamento della maggioranza degli italiani, e in questo dimostra di essere sostanzialmente un politico. Siamo noi che pensiamo che Berlusconi sia mosso esclusivamente dai suoi affari personali.

Lei ritiene che non sia così?

Lui li tiene effettivamente in grande conto, direi che non li dimentica mai, ma usa la politica in modo accorto per servirli. Se Berlusconi avesse provocato una crisi di governo, sarebbe stato un atto irrazionale. Oltre ad assumersi di fronte al Paese la responsabilità di metterlo nei guai per una ripicca personale, sarebbe stato del tutto inutile perché dopo le elezioni anticipate per lui non sarebbe cambiato nulla dal punto di vista giudiziario.



Lei descrive Berlusconi come un politico razionale. Qual è la “logica” dietro il ritorno a Forza Italia?

Il Cavaliere è convinto del fatto che il Pdl sia stato un fallimento, e in questo effettivamente non ha torto. Il Pdl è fallito dal 2010, da quando cioè Fini e una componente importante di quel partito se ne andarono. La logica del ritorno a Forza Italia sta quindi nel fatto di capire che il Pdl non ha funzionato.

 

Ritiene che la risposta che dà Berlusconi sia quella giusta?

No. Io auspico che Berlusconi riesca a trovare tutte le risposte, perché non mi piacerebbe un Paese dove sparisce nuovamente la destra. Il centrodestra italiano per sopravvivere al Berlusconismo ha però bisogno dell’esatto contrario di una deriva personalistica. Forza Italia e Pdl hanno sofferto in maniera evidente del personalismo degli ultimi 20 anni. La soluzione che il centrodestra deve trovare alla perdita progressiva del carisma del fondatore Berlusconi sta esattamente nella direzione opposta, nel fatto cioè di costruire un partito in cui il popolo sia usato come soggetto di partecipazione e non come oggetto di mobilitazione.

 

Il centrodestra è al bivio?

Sì, e quando la Santanché dice che deve essere un partito senza mediazione tra leader e popolo si riferisce proprio a questo: a una forza politica cioè in cui il leader usa il popolo, e non è invece il popolo a indicare al leader che cosa vuole che faccia. Si tratta di due modelli completamente diversi, uno è leaderistico e l’altro è democratico.

 

Qual è il problema legato al modello leaderistico?

Il problema sorge quando il leader non c’è più, e siccome la destra italiana va verso un’epoca in cui il leader, cioè Berlusconi, non ci sarà più, la risposta dovrebbe essere quella di trovare una via diversa. Evidentemente però il Berlusconismo non ne è capace, e se non ne è capace sarà travolto dalla storia. Il gaullismo francese è nato quando Georges Pompidou è stato eletto presidente ed è diventato l’erede di Charles de Gaulle.

 

Perché secondo lei Berlusconi non è capace di compiere questo passaggio?

Per il culto del capo imposto dallo stesso Berlusconi. Le vicende personali e gli interessi imprenditoriali di Berlusconi si sono talmente intrecciati con la forza politica, che oggi è molto difficile in quel partito sostenere un ragionamento politico capace di prescinderne.

 

(Pietro Vernizzi)