Il timer è stato attivato. Il governo Letta è ora sotto lo scacco di una bomba a orologeria, le dimissioni a tempo dei parlamentari del Pdl pronte a essere formalizzate nel momento in cui sarà votata la decadenza di Silvio Berlusconi dal suo seggio senatoriale.
Vista così la situazione sembra ormai avviata a un drammatico finale con il precipitare di tutta la situazione verso la caduta dell’esecutivo e probabili elezioni anticipate, anzi anticipatissime. Le cose, forse, sono però più complesse, anche se nel breve volgere di un pomeriggio la tensione politica ha conosciuto un’escalation imprevista.
È evidente che qualcosa è andato storto. Qualcosa di grosso, qualche trattativa, o richiesta di garanzie. E la notizia deve essere arrivata intorno all’ora di pranzo, quando Berlusconi ha riunito a Palazzo Grazioli il vertice del Pdl/Forza Italia. Sino a quel momento la tormentata navigazione della maggioranza delle larghe intese continuava, anzi segnava un punto a favore della distensione con l’elezione a vicepresidente della Camera della “colomba” Simone Baldelli, al posto del “falco” Daniela Santanchè.
Di primo mattino al Cavaliere non dev’essere risultata gradita la lettura dei giornali. Le allusioni su tre procure che sarebbero pronte a spiccare mandati di arresto nei suoi confronti non appena fosse dichiarato decaduto dal mandato parlamentare probabilmente hanno trovato conferme. “Sono sicuro che mi vogliono arrestare”, lo avrebbero sentito dire i fedelissimi. Napoli, Bari e Milano i tre fronti giudiziari caldi che gli potrebbero riservare a breve sorprese molto sgradite.
Questa minaccia, che Berlusconi ritiene intollerabile, è più che sufficiente a giustificare l’improvvisa accelerazione che ha portato alla concitata riunione dei gruppi parlamentari del partito azzurro e alla chiamata alle armi di deputati e senatori che hanno accolto il loro anziano leader con una standing ovation e per alzata di mano hanno messo il loro mandato a disposizione di Berlusconi e dei capigruppo, con Schifani chiamato a recitare la parte del falco. “Se decade Berlusconi, decadiamo tutti”, è stata la limpida equazione della Gelmini.
Sarebbero dimissioni dei parlamentari e non dei ministri, hanno spiegato, ma il gesto sarebbe tanto dirompente da mettere il governo in ginocchio, a meno che – prima incognita – non vi sia una consistente area del dissenso, soprattutto al Senato. Sono le parole di Brunetta a segnalare la frenata, spiegando che ognuno deciderà liberamente in coscienza.
Ma oltre al fattore auto-conservazione del seggio, l’altro elemento che potrebbe frenare la deriva berlusconiana è l’azione del presidente della Repubblica. Napolitano si è riservato di verificare con precisione le conclusioni dell’assemblea dei parlamentari del Pdl.
Come a dire che certe cose vuole sentirsele dire direttamente, anche perché appena 24 ore prima dell’annuncio delle possibili dimissioni di massa Angelino Alfano aveva garantito al Quirinale sulla volontà di Berlusconi di tenere il governo separato dalla sua vicenda giudiziaria.
Proprio da quel colloquio, però, forse non sono scaturite quelle rassicurazioni che il Cavaliere si aspettava dal Colle e dal premier. E vedendosi accerchiato è cresciuta in Berlusconi la tentazione di far precipitare la situazione e di combattere l’ultima battaglia elettorale. “La sinistra tripudia perché pensa di aver aperta la strada verso il potere avendomi condannato”, sarebbe stato il ragionamento, “ma se sarò in campo, sarò in grande spolvero”.
Da sinistra, peraltro, non è venuta alcuna mossa in grado di far scendere la tensione. Anzi, è stato un florilegio di bordate − Epifani in testa − contro quella che viene bollata la completa irresponsabilità di Berlusconi e dei suoi uomini. Parole che hanno sortito l’unico effetto di compattare i berlusconiani nel respingerle al mittente, nell’estenuante gioco del cerino che segna queste settimane.
In questo quadro desolante chi continua a far sapere di non essere disposto ad accettare né ricatti, né logoramenti è il presidente del Consiglio Letta, che non ha affatto gradito la coincidenza dell’accelerazione di Berlusconi con il suo discorso davanti all’assemblea generale delle Nazioni Unite.
Al suo ritorno dalla trasferta in Nordamerica si prepara a tentare il rilancio dell’azione di governo, attraverso la trattativa sull’Iva e sulla legge di stabilità per rilanciare l’economia. Se procedere risulterà impossibile, fanno sapere i suoi fedelissimi, pur nel massimo rispetto per il capo dello Stato sarà lui a tirarsi indietro un secondo prima di finire bruciato. Sino ad allora, però, non lascerà nulla d’intentato. Il tempo verso il 4 ottobre, quando la giunta delle immunità del Senato pronuncerà il primo verdetto sulla decadenza del Cavaliere, scorre veloce.