Come un sol uomo, il Pdl marcia compatto. In difesa di un sol uomo. Il partito esterna unità. Le prime file, almeno. Tra le retroguardie e i peones, invece, serpeggia il malumore. Quando si tratterà di rendere operative le dimissioni di massa, probabilmente parecchi si tireranno indietro. Sta di fatto che, per ora, il Parlamento è in fibrillazione. Il timore di Berlusconi è che almeno tre procure, non appena sarà decaduto da senatore per decisione della Giunta per le elezioni, tenteranno di metterlo dentro. L’idea, quindi, è di indurre Napolitano a sciogliere le Camere prima che l’organismo investito del potere giurisdizionale decida. E Napolitano, che farà? Il capo dello Stato si è detto piuttosto inquietato della vicenda. E ha fatto presente che è decisamente fuori luogo parlare di “colpo di stato” o di “azione eversiva” rispetto alla condanna di Berlusconi. Brunetta e Schifani, capigruppo, rispettivamente, alla Camera e al Senato gli hanno risposto “no. E’ proprio un colpo di Stato”. Sandro Gozi, deputato del Pd, ci spiega che aria tira all’interno del suo partito.
Come valuta l’operazione del Pdl?
E’ un teatro indecente. A rischiare di pagarla cara sono gli italiani. In ogni caso, credo che si tratti di un bluff. Certo, è opportuno fare una verifica dell’esistenza della maggioranza o, come ha dichiarato il premier Enrico Letta, una verifica di governo. Tuttavia non credo che alla fine ci potranno essere ripercussioni serie sull’esecutivo.
Cosa significa che è un bluff? Il parlamentari del Pdl, secondo lei, non si dimetteranno in massa?
Esatto. Alla fine, credo che non si dimetteranno.
Perché no?
Non ha senso, anzitutto, annunciare le dimissioni. O si danno o non si danno. Se il Pdl, poi, ritiene che l’unica istituzione attorno alla quale il destino di Berlusconi possa essere sciolto sia la presidenza della Repubblica, la minaccia di dimissioni collettive non mi pare il modo migliore per convincere Napolitano ad assumere quelle uniche due decisioni che possano salvaguardarlo.
Quali?
Anzitutto, lo scioglimento delle Camere. Il che, con le dimissioni dei parlamentari, non ha alcun nesso di causalità. Anzi. Probabilmente, Napolitano si convincerebbe della necessità di non scioglierle. E, in ogni caso, impedire il voto sulla decadenza rinvierebbe il problema di poco tempo. Comunque vada, infatti, Berlusconi non sarà ricandidabile alle prossime elezioni. La seconda decisione è quella legata alla grazia. E’ folle pensare che questa messa in scena possa spingere Napolitano a concederla.
Secondo lei perché il capo dello Stato si è detto tanto inquietato?
E’ preoccupato per il Paese. Teme il precipitare degli eventi prima dell’approvazione delle legge di stabilità. Sa che potremmo tornare in balìa dello stress e dei cambi d’umore dei mercati.
Mettiamo che i parlamentari del Pdl rendano le loro dimissioni effettive.
Le dimissioni collettive non comportano in nessun modo il blocco delle attività del Parlamento, né la fine della legislatura. Si potrebbe ipotizzare, addirittura, di varare una nuova legge elettorale senza il Pdl e, in seguito, di andare a votare. Non dimentichiamo, inoltre, che quando un parlamentare si dimette, il Parlamento deve comunque esprimersi sulla sua decisione. Infine, ai deputati e ai senatori dimissionari, subentrerebbero i non eletti.
Che senso ha tutto questo?
Si tratta di una “seduta di gruppo” collettiva per lenire i mali del capo.
Brunetta e Schifani hanno ribadito che è in atto un colpo di Stato.
La terapia di gruppo collettiva consiste anche nell’alzare la voce per convincersi di disporre di una forza che, in realtà, non hanno più.
Voi del Pd cosa pensate di fare per impedire il deflagrare della situazione?
Dobbiamo sottrarci a questo clima di guerriglia, e concentraci sul rilancio del Paese, indicando le priorità economiche e accelerando sulla legge elettorale.
(Paolo Nessi)