Le dimissioni in massa del parlamentari del Pdl, benché siano ben lungi dall’essere reali (vanno rassegnate alle Camere di appartenenza, non ai capigruppo), hanno prodotto l’inesorabile precipitare degli eventi. Il premier Enrico Letta è stato a colloquio con Napolitano circa un’ora e mezza, prima di affrontare il consiglio dei ministri. Ne è emersa la volontà di chiedere un chiarimento alla Camere – benedetta dal capo dello Stato – già lunedì o martedì. Abbiamo fatto il punto sulla situazione con Antonio Polito, editorialista del Corriere della Sera.
Cosa accadrà in Aula?
Letta cercherà di verificare se esiste ancora una maggioranza, impegnandola su un documento che allunghi la prospettiva di governo per alcuni mesi ancora. Il dibattito potrebbe concludersi, quindi, con un voto su una mozione o ponendo la questione di fiducia vera e propria.
Se Letta spera che il Pdl possa sostenere ancora il suo governo, pensa probabilmente che le dimissioni in massa siano un bluff.
Il Pdl, indubbiamente, coltiva una certa ambiguità. I capigruppo di Camera e Senato, Renato Brunetta e Renato Schifani, infatti, nella lettera di ieri indirizzata a Napolitano hanno ribadito che le dimissioni non intendono influire né sull’azione del governo né tantomeno sulle decisioni del capo dello Stato. Ragionamento, di per sé, insostenibile. Non è immaginabile che tutto il Pdl si dimetta e che il governo vada avanti tranquillamente.
Se il Pdl si dimettesse in massa, tuttavia, ci vorrebbero mesi prima che le rinunce diventassero effettive; in ogni caso, subentrerebbero i primi dei non eletti…
Non ci si avvicinerà neanche lontanamente ad uno scenario del genere. Il governo che va avanti senza un partito grande come il Pdl che non partecipa alla sedute parlamentari configurerebbe un quadro di emergenza costituzionale. Non accadrà mai. Piuttosto, occorre capire se il Pdl intenda confermare la fiducia all’esecutivo o no.
Quindi?
L’ipotesi di chiarimento prima del 4 ottobre fa sì che la minaccia delle dimissioni risulti disinnescata laddove il Pdl voti la fiducia al governo. La conferma del sostegno all’esecutivo non è conciliabile, infatti, con la conferma delle dimissioni: un voto positivo rinvierebbe la possibilità di elezioni anticipate. Esattamente quelle che vuole Berlusconi, e infatti la minaccia è finalizzata proprio allo scioglimento delle Camere. Per questo, non credo che il Pdl voterà l’eventuale fiducia.
La Giunta vota il 4 ottobre. E’ impossibile che le Camere siano sciolte prima. Berlusconi, quindi, sarebbe comunque decaduto e in candidabile prima di nuove elezioni.
Questa accelerazione improvvisa e improvvida può dipendere solo dal fatto che Berlusconi si è convinto di poter evitare il voto del Senato sulla sua decadenza, che considera evidentemente una sconfitta politica umiliante e insanabile. E’ vero che il 4 ottobre la Giunta vota. Poi, però, la questione deve passare all’Aula. Un po’ di tempo c’è. L’ex premier potrebbe, quindi, sperare che il Senato si paralizzi e venga sciolto prima del voto.
Anche se non decaduto sarebbe comunque incandidabile.
Potrebbe immaginare – come è stato scritto – di candidarsi in tutte le circoscrizioni, sperando che una delle Corti d’appello che deve pronunciarsi sulle liste elettorali accetti la sua obiezione rispetto alla retroattività delle legge Severino. Non è detto, tuttavia, che caduto il governo non si formi una nuova maggioranza. Anzi: dato che la Corte costituzionale dovrà giudicare il Porcellum, e considerando scontato un verdetto di illegittimità, si formerà un governo di scopo volto a riscrivere la legge elettorale.
Non crede che Berlusconi si sia sentito tradito da Napolitano?
Escludo che Napolitano abbia fatto a Berlusconi delle promesse che non poteva mantenere. Non poteva di certo concordare con la Cassazione il calendario delle udienze, né chiedere al giudice Esposito una sentenza mite. Ciò che poteva fare, è quanto indicato nella nota di agosto: ribadire che il carcere, per Berlusconi – considerando l’età e il reato compiuto, la prassi e la giurisprudenza – è escluso; ed esercitare il potere di grazia, a condizione che qualcuno gliela chieda e che Berlusconi inizia a scontare la pena.
(Paolo Nessi)