Molta è la confusione che aleggia nel Pdl il giorno dopo le clamorose dimissioni dei ministri facenti parte del governo Letta. Già ieri Fabrizio Cicchitto aveva espresso malumore per le modalità con cui tale decisione era maturata, senza cioè alcun dibattito nell’ufficio di presidenza del partito. Non si era detto contrario al gesto, ma alle modalità con cui è stato imposto. Oggi uno dei ministri dimissionari Gaetano Quagliarello, ha preso invece le distanze dall’altro clamoroso gesto minacciato nei giorni scorsi, le dimissioni cioè dei parlamentari del suo partito in caso la Giunta del senato votasse la decadenza di Silvio Berlusconi. Parlando a Piacenza, ha detto che a differenza di molti altri non ha scritto né firmato alcuna lettera di dimissioni: mi sono dimesso da ministro, non da parlamentare,  ha detto. Tale richiesta di dimissioni, ha aggiunto, è “un fallo di reazione del Pdl”. Entrando nel dettaglio ha spiegato:  “Io non ho presentato nè firmato richieste di dimissioni perché sono un ministro che ha giurato sulla Costituzione. Le sentenze in uno Stato di diritto vanno rispettate ma si possono criticare”. Quagliarello è andato anche oltre: se Forza Italia sarà questa, ha detto, io non ne prenderò parte, non aderirò. Sulla questione delle dimissioni dei ministri è poi tornato Cicchitto: “La decisione di far cadere il governo Letta-Alfano non può essere assunta da un ristretto vertice del Pdl, in assenza sia del vicepresidente del consiglio e segretario politico Alfano, sia dei due capigruppo Brunetta e Schifani” ha detto. Aggiungendo che il partito non può continuare a essere ostaggio di alcuni estremisti che in alcune situazioni usano un linguaggio da estrema destra anche nel confronto con gli avversari politici. Inoltre, ha detto, non si può continuare a usare i nostri parlamentari come fossero pedine usate da pochi dirigenti. Concludendo che “lo stesso Berlusconi avrebbe bisogno di un partito serio, radicato sul territorio, democratico nella sua vita interna, un partito di massa, dei moderati, dei garantisti, dei riformisti”.



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