La grazia. Un’eventualità sin qui scartata a priori. Berlusconi ha sempre ragionato sul fatto che invocarla rappresenterebbe l’ammissione delle proprie colpe. Meglio continuare a dar battaglia e, piuttosto, perire sul campo, con onore. Ma l’onore costa. All’Italia, perché non ci possiamo permettere una crisi di governo. E alle sue aziende, perché ogni volta che il Cavaliere minaccia, il titolo Mediaset crolla. E, in fondo, è ormai noto che se anche il Pdl ritirasse la fiducia al governo, Napolitano non scioglierebbe mai le Camere. Niente elezioni, quindi, ma un Letta bis tamponato da qualche senatore transfugo dell’M5s e qualcuno del Pdl. Ci vuol poco a raggiungere quota 15, il numero decisivo per garantire una maggioranza al Pd. Tanto più che ci sono i 4 nuovi senatori a vita. Donato Bruno, senatore del Pdl, ci spiega che effetti sortirebbe l’ipotesi.



La palla torna a Napolitano?

Indubbiamente, se fosse presentata una richiesta di grazia, il presidente della Repubblica avrebbe l’obbligo di valutarla. Rispetto alla sua posizione in merito non credo che ci sia nulla da aggiungere rispetto a quello che ha detto il 14 agosto («nel considerare, accogliere o lasciar cadere sollecitazioni per provvedimenti di grazia, si è sempre ritenuta essenziale la presentazione di una domanda quale prevista» ndr). Di certo, se ritenesse di consentire a Berlusconi l’agibilità politica, rimuovendo così un pesante macigno che grava sulle larghe intese, avrebbe tutti gli strumenti per farlo.



Fino a poco tempo fa, la richiesta di grazia era stata esclusa da Berlusconi. Ora pare che la sua famiglia stia iniziando a prendere in considerazione l’ipotesi.

Guardi, non disponiamo di elementi per poter affermare con certezza che la sua famiglia abbia preso effettivamente la questione in considerazione in questi termini.

Politicamente, in ogni caso, potrebbe sortire come effetto la pacificazione tra gli schieramenti?

No, non credo. Tra gli schieramenti siamo ben lungi dall’esser giunti ad una pacificazione e ci sarebbero sicuramente molti che si scontenterebbero per una richiesta di grazia, come per qualsiasi altra iniziativa da parte di Berlusconi.



In ogni caso, crede che sia opportuno chiederla?

Non è una questione di opportunità, ma del riconoscimento che quella sentenza, per quanto vada rispettata, possa integrare delle modalità per garantire l’agibilità politica. L’unica cosa certa, finora, è che Berlusconi farà ricorso alla Corte Europea. Ciò significa che non riconosce la bontà della decisione della Cassazione. 

Secondo Luciano Violante, la Giunta per le elezioni del Senato potrebbe sollevare la questione di legittimità costituzionale presso la Consulta, contestando la retroattività della legge Severino.

Sulla vicenda, si sono ormai espressi tutti i più qualificati costituzionalisti. La maggior parte di essi ha ritenuto che, effettivamente, la legge Severino ravvisi profili di incostituzionalità.

 

Non è così evidente che la Giunta per le elezioni abbia facoltà di fare ricorso alla Corte costituzionale.

La funzione della Giunta per le elezioni e le autorizzazioni è paragiurisdizionale. E’, dunque, un’autorità giudicante che, in quanto tale, può investire la Corte del verificare la legittimità della legge Severino. D’altra parte, se la Giunta giudica, a chi viene giudicato deve esser dato il diritto di potersi difendere.

 

Perché crede che il Pd, in Giunta, dovrebbe avere un atteggiamento conciliante e non votare l’immediata decadenza di Berlusconi?

Perché, caso mai, dovrebbe averlo ostile? La giunta non deve essere un plotone di esecuzione ma costituita da persone che, al di là della casacca, abbiano coscienza del fatto che la questione oggi riguarda Berlusconi ma un domani potrebbe riguardare chiunque altro. 

 

(Paolo Nessi)