In pochi giorni le probabilità che Renzi riesca effettivamente a mettere le mani sulla segreteria del Pd sono esponenzialmente salite. Di recente, due pezzi da 90, Franceschini e Fioroni, pur con i dovuti distinguo ed estrema cautela, hanno fatto sapere che appoggeranno la candidatura del sindaco di Firenze. Lo stesso Enrico Letta potrebbe decidere analogamente. Ieri, intanto, intervenendo alla Festa dell’Unità di Bologna, il rottamatore (ormai “ex”, dato che sta pian piano imbarcando molti di quelli che avrebbe dovuto rottamare) ha spiegato: «io non mi sono candidato per prendere il partito ma per restituirvelo». Poi, si è detto convinto del fatto che non conta tanto quello che ha in mente di fare lui, quanto se tutti insieme «questa volta proviamo a cambiare veramente il paese». Sulla scia dei sui refrain, ci ha inoltre tenuto a sottolineare che «sono vent’anni che i problemi sono sempre gli stessi: cambiano le facce, ma i problemi sono sempre quelli». Rispetto alla divisioni interne, alle correnti, all’esistenza di dalemaniani, renziani, bersaniani, cuperliani e via dicendo, ha invocato un congresso unitario, onde non frazionarsi nei 7 nani. «io sarei Brontolo». Su Berlusconi, infine, ha voluto ribadire come una volta che una sentenza sia passata in giudicato, non ci sono più giochetti da fare.