Per Renzi potrebbe essere la volta buona. Acclamato alla Festa nazionale del Pd di Genova come una superstar, ha visto salire di parecchio le sue quotazioni per la conquista della segreteria del Pd. Il che, considerando che Letta è al governo, configura un discreto paradosso, sottolineato da Paolo Franchi sulle pagine del Corriere della Sera: il partito erede della tradizione comunista è, attualmente, sovrastato da due leader nati e cresciuti nella tradizione democristiana. Il sindaco di Firenze è in pole position per la leadership, mentre Letta è a Palazzo Chigi. Ora, anche ammesso che nella fondazione del Pd la Margherita abbia avuto un peso specifico lontamente paragonabile a quello dei Ds, c’è pur sempre da chiedersi che fine hanno fatto (e faranno) questi ultimi. Lo abbiamo chiesto proprio a Franchi.
Se il partito va a Renzi, supportato da tutti gli ex popolari, mentre Letta è a Palazzo Chigi, cosa ne sarà di tutti gli altri?
Credo che nelle prossime settimane ci sarà una certa transumanza verso Renzi, anche da parte di chi proviene dagli ex Ds. La parte restante delle componenti di sinistra dovrà trovare un’intesa. Per individuare un nome unitario attorno al quale adunarsi. Cosa non facilissima. Anche quando la casa brucia, non tutti si comportano ragionevolmente.
Posto che ci riescano, a quel punto cosa succede?
A quel punto, attrezzerebbero una minoranza nel partito. Che, in caso di primarie, potrebbe aggirarsi attorno al 15-20 anche 25 per cento. Sempre, lo ribadisco, che si mettano d’accordo.
Renzi, secondo lei, sarebbe ben digerito dalla base del Pd?
Se parliamo dell’elettorato più attivo, di quanti vanno a votare alle primarie, per intenderci, sì. Perché Renzi, anzitutto, viene percepito con ottime chance di vittoria quando si tratterà di correre per le elezioni politiche.
Anche da chi proviene dai Ds o dal Pci?
Nessuno di questi ha voglia di morire democristiano. Eppure, nel corso delle ultime primarie, Renzi è andato benissimo nelle Regioni rosse. Ciò significa che in buona parte dell’elettorato di sinistra si è prodotto un moto di ripulsa nei confronti dei gruppi dirigenti di provenienza post-comunista, tanto più che costoro si sono tramutati in una forza di interdizione, che ha cerca di mantenere, nei limiti del possibile, quelle rendite di posizione interne ed esterne derivanti dal passato. La componente dei Ds, inoltre, ha bruciato in furibonde lotte intestine i suoi leader, senza produrre nuove forze. Significherà pur qualcosa che, in vent’anni,non abbiamo consentito la nascita di una classe dirigente giovane. I trentenni si contano sulla punta delle dita.
C’è un rischio di scissione?
Non se ne vede lontanamente la traccia. Questo perché anche nelle componenti della sinistra interna del Pd ci sono state aperture nei confronti di Renzi il quale, del resto, appare molto più di sinistra di un anno fa. Si tratta di un movimento destinato, probabilmente, ad accentuarsi. Va anche detto che è piuttosto difficile sostenere in che modo gli ex Ds si siano qualificati come uomini di sinistra, al di là della loro collocazione nel partito.
Renzi prenderà i voti di Berlusconi?
Che Renzi, come si dice ormai da tempo, sia il candidato in grado di sfondare al centro, in quanto non è mai stato comunista e proviene dalla tradizione democristiana, è una tesi che difficilmente può stare in piedi.
Perché?
Per il semplice fatto che questo famoso centro elettorale moderato, al netto di quanti hanno votato Scelta civica (che non sono moltissimi) non si capisce dove sia. Si tratta di una visione della società italiana distorta. Il campo avversario principale è il centrodestra. Dove, indubbiamente, Renzi potrà prendere dei voti. Ma pensare di sfondarlo, considerando che è sempre stato presidiato da altri, mi pare piuttosto improbabile.
(Paolo Nessi)