“Sistemi a obiettivi come nelle imprese private, criteri manageriali e dirigenti qualificati. E’ questa la via maestra per una riforma della pubblica amministrazione. Non è necessario ricorrere a tagli o a metodi punitivi”. Ne è certo Yoram Gutgeld, deputato del Pd e consigliere economico di Matteo Renzi. Il blocco dei contratti della pubblica amministrazione sta sollevando diverse tensioni con i sindacati, ma del resto gli stipendi dei dipendenti statali gravano come un fardello sui bilanci dello Stato. Nell’ottica di una spending review ri-ammodernare il pubblico impiego è indispensabile, anche se resta come priorità quella di limitare le conseguenze sociali di queste scelte.
In Paesi come Grecia, Portogallo e Irlanda, l’Ue ha imposto tagli di tredicesime e dipendenti statali, che in Italia non si toccano mai perché sono considerati bacini di voti. E’ possibile una riforma per rendere più efficiente il pubblico impiego?
Rispetto ad altri Paesi europei, l’Italia ha un numero di dipendenti pubblici molto elevato. Il vero problema non sono però i tagli ma la produttività del sistema pubblico. In tutti i campi della pubblica amministrazione del nostro Paese ci sono aree di grande produttività, qualità ed efficienza, e altre che non danno risultati altrettanto soddisfacenti. Ciò è vero nella scuola, nella sanità e altrove. Occorre quindi innanzitutto che la pubblica amministrazione produca di più a parità di costi, e in seguito si discuterà di un’eventuale riduzione dei costi.
In che modo è possibile aumentare la produttività dei dipendenti pubblici?
Per rendere il settore pubblico più produttivo, occorre in primo luogo introdurre un sistema a obiettivi anche per i dipendenti pubblici. Chi lavora nel settore pubblico deve avere degli obiettivi di qualità e di servizio da raggiungere. Il personale deve essere valutato rispetto a questi obiettivi, con la possibilità di premiare solo chi fa bene. Occorrerà quindi cercare di instaurare anche nell’ambiente pubblico questi principi che sono comuni nelle organizzazioni private, pur tenendo conto delle differenti specificità. Più ancora che pensare a meccanismi punitivi per chi non lavora bene, è dunque importante introdurre delle forme premianti per il merito.
E’ possibile avviare una concorrenza e integrazione tra pubblico e privato anche nella scuola?
Perché no? Il sistema della scuola pubblica italiana sicuramente è di buona qualità, a differenza di altri Paesi nei quali tutte le scuole migliori sono più private perché hanno più risorse. Una concorrenza all’interno di tutti i servizi pubblici è benvenuta, purché si misuri il livello qualitativo del risultato. Ciò vale per la scuola, ma anche per la sanità e per altri settori. La concorrenza inoltre fa bene non solo tra pubblico e privato, ma anche tra pubblico e pubblico. Abbiamo bisogno di più merito e di una maggiore valutazione della performance nella scuola pubblica e dei dipendenti statali in generale.
Il deputato del Pd, Dario Nardella, ha detto: “Penso che il ministero dell’Economia debba essere guidato da un politico”. E’ d’accordo con lui?
Sono d’accordo sul fatto che per guidare i ministeri servano dei politici, ma occorre coniugare le capacità politiche con quelle manageriali e gestionali. Sono queste ultime a mancare soprattutto nel settore pubblico. Sono due doti fondamentali che si trovano spesso in chi gestisce operazioni che riguardano direttamente la cittadinanza sul territorio, come i Comuni e le agenzie dello Stato, mentre nei ministeri sono qualità piuttosto rare. Servono quindi ministri con capacità sia politiche, sia manageriali-gestionali.
Ritiene di poter lavorare bene con Letta o questo governo è ormai compromesso?
Noi stiamo lavorando con il governo Letta e il nostro obiettivo è quello di farlo funzionare.
Quindi c’è un margine per andare avanti?
Spero proprio di sì. E’ questo il nostro obiettivo, come stiamo dicendo in modo chiaro. L’auspicio è che il governo segua gli obiettivi che il nuovo Pd sta definendo e che si evitino i casi imbarazzanti che abbiamo avuto nelle ultime due settimane.
(Pietro Vernizzi)