“Renzi è di destra, io non lo voto”. È questa una delle accuse più diffuse al neo segretario del Partito democratico, con tanto di conseguenza finale. Il Pd si candida ad essere la prima forza politica italiana e la guida carismatica e di Matteo Renzi – che ha già dato, in poco più di un mese, la sua impronta al partito – si sta facendo sentire. Ma il sindaco di Firenze sembra non convincere a pieno il prototipo dell’elettore medio di sinistra che, quando lo sente parlare, storce il naso. Nuovo segretario e nuovo futuro per il Pd. Come dovranno essere impostati i rapporti con lo zoccolo duro (politico ed elettorale) della sinistra italiana? Quali saranno i rapporto tra il leader “dem” e del suo stesso partito con, per esempio, la sinistra rappresentata da Vendola? Lo abbiamo chiesto a di Luca Telese, giornalista e attuale conduttore di Matrix.

Pd e sinistra italiana. In vista delle Europee si è parlato di “recuperare” l’alleanza con Sinistra Ecologia e Libertà di Nichi Vendola. È questa la strada da battere?

Innanzitutto c’è da fare una premessa: c’era una luna di miele di tutto l’elettorato, ma in particolare della sinistra con Renzi, che non era basata su una ondivisione, bensì su un ragionamento.

Quale?

La gente (compresi gli anziani) dell’Emilia-Romagna, della Toscana e delle regioni “rosse” in generale ha votato Renzi dicendo: “Lui ci fa vincere”. C’era una grande affiatamento e un sogno concreto di uscire dall’impasse attuale e dalle larghe intese facendo csi prendere per mano da un traghettatore.

E ora le cosa sono cambiate?

Ora, l’impantanamento dovuto alla melina e al braccio di ferro tra lui e Letta – all’interno di una partita dove l’unica cosa che conta è il potere – sta mettendo fine alla luna di miele facendo disinnamorare questi elettori che per Renzi hanno contato più di quelli di centro e dei “post-democristiani”. Come ho scritto, è molto più interessante la bega fra Baudo e Vespa che il dualismo tra Renzi e Letta. È una cosa che non si può vedere…

Però c’è chi dice: alle ultime elezioni Sel ha preso il 3.2%, 1 milione e 90 mila voti circa. Insomma, ben pochi…

Per assurdo, il Pd in mano a Renzi renderebbe ancora più importante l’alleanza con Vendola, seppur non in vista delle Europee perché non prevedono un legame di coalizione. Diventa invece indispensabile per le politiche perché un leader che si sposta al centro rende necessario, allo stesso tempo, un partito in grado di coprire l’ala di sinistra. Su questa base è infatti nato un piccolo matrimonio di interesse, fatto di silenzio-assenso, tra Vendola e Renzi. La questione è un’altra…

Ovvero?  

La gente si è stancata delle alchimie: il problema sono i contenuti. Faccio un esempio: la lunga diatriba tra Veltroni e D’Alema, che è stata la chiave della politica a sinistra per vent’anni, avveniva comunque sulla base di due opzioni politiche molto diverse. Certo, era anche uno scontro personale, ma non solo. Uno kennedyano e mai stato comunista, l’altro a togliattiano e post-comunista.

 

E adesso?

Adesso uno si chiede: qual è la differenza tra Letta e Renzi? Su che cosa si dividono? Sul diritto di cittadinanza e sui diritti civili? No…Letta è visto come il premier della larghe intese, ma se domani al governo ci fosse Renzi al sarebbe altrettanto “largointesista”. Tanto è vero che nel libro “Giorni Bugiardi” di Chiara Geloni  viene ricordata una lunga intervista di Renzi in cui diceva che in caso di vittoria (al tempo delle allora Primarie del 2012, ndr) avrebbe lasciato a Monti il controllo del governo.

 

Letta o Renzi, poco cambia quindi?

Finora, ripeto, tutta questa differenza non si è vista molto. È vero che Renzi ha provato a creare un’alleanza da Bonanni a Landini sul Jobs Act, però è anche vero che quando quei punti generici diverranno proposte concrete, questa magica alleanza – che non può stare insieme – si sgretolerà. Il problema, in sostanza, è che mancano grandi battaglie ideali, manca un afflato. D’Alema prometteva alla base post-comunista che l’avrebbe portata al potere; Veltroni diceva: “Io vi faccio sognare” e Bersani annunciava di smacchiare il giaguaro. Ecco, non ho capito cosa offrono Renzi e Letta…

 

E per recuperare, invece, quella parte di elettori delusi confluita nel Movimento 5 Stelle su quali proposte deve insistere il Pd per riconquistarne la fiducia?

Dovrebbe, parafrasando Nanni Moretti, dire qualcosa di sinistra (nel senso moderno del termine). Dovrebbe, concretamente, fare delle cose. È dimostrato che alle Primarie elettori del M5S abbiano votato Renzi, ma ora che è diventato leader della maggioranza, non può continuare a fare quello che ha fatto finora. all’opposizione. 

 

Cosa dovrebbe fare il segretario “dem”?

L’unico modo in cui Renzi può allargare il proprio pubblico consenso è far cadere l’esecutivo. Deve scegliere: se lo fa cadere diventerebbe l’emblema dell’antipotere, quello che ha messo fine alla stagnazione, ma se  non lo fa, e lo logora, dà vita all’ennesima diatriba democristiana che ci ha rotto le scatole. Ecco: se Renzi-Letta diventa il remake della lotta De Mita-Andreotti gli elettori di sinistra fuggiranno a gambe levate.

 

Domanda da un milione di dollari. Ma il Pd riuscirà ad essere il partito accentratore della sinistra italiana raccogliendo le istante, appunto, della sinistra “pura”?

In questo momento non mi sembra che sia un prodotto molto attrattivo, troppe contraddizioni. Non puoi essere il cardine delle larghe intese e sedurre gli elettori delusi della sinistra. O ci sono grandi segnali di rinnovamento e grandi svolte, oppure persino l’alchimismo di Renzi diventa sterile. Ma se Renzi fa una campagna elettorale chiara dicendo bene da che parte sta allora può ricostruire i consensi; altrimenti si logora e logora di rimbalzo il suo partito. E in merito…

 

Prego.

La battuta “Fassina chi” dimostra come lui stesso non sia ancora riuscito ad entrare nei panni del leader: si percepisce ancora come un oppositore, uno che sbeffeggia gli stessi compagni di partito. Questa fase dovrebbe essere finita. La rottamazione – come ha scritto lui stesso in un libro un anno fa – è finita. Ma non sembra essersene accorto.

 

Le accuse a Renzi di non incarnare esattamente lo spirito della sinistra si sono sprecate. Prendendo come per esempio l’elettore medio di sinistra, penso alle preoccupazioni e alle riserve che può nutrire sulla guida del segretario in tema di lavoro, sindacati. Che risposta può offrire Renzi?

Il piano del lavoro deve convincere e stupire e non essere percepito come un qualcosa che sposti il rapporto di forza nelle mani del datore di lavoro, piuttosto che in quelle dei dipendenti. Il punto è molto semplice: il Jobs Act cancella tutti i contratti precari per lasciare posto al contratto d’inserimento. Se però il contratto d’inserimento diventa un ennesimo contratto precario meno peggio degli altri, senza cancellare la piaga della precarietà, allora può solo perdere elettori. Su questo, aspettiamo ancora che giri le carte. Potrebbe pure fare un miracolo… 

(Fabio Franchini)