“Il vero nodo di questo momento politico è chi approverà la nuova legge elettorale. Renzi vuole fare l’accordo con Berlusconi e altri partiti estranei alla maggioranza escludendo Alfano, Letta invece punta a trovare un accordo all’interno della maggioranza per salvare il governo. E’ presto dunque per dire che tra Letta e Alfano sia tornato il sereno”. Lo sottolinea Antonio Polito, editorialista del Corriere della Sera, dopo l’incontro di ieri mattina tra Letta e Renzi e l’intervista del premier rilasciata a Rainews24 nel corso della quale ha detto: “Con Renzi siamo entrambi determinati ad andare avanti, sappiamo che applicarsi è la nostra priorità”.
La giornata politica di ieri sarà ricordata come il momento del disgelo tra Letta e Renzi?
Direi di no, o quantomeno è presto per dirlo. Non è sufficiente quello che si sa per dire che sia arrivato il momento fatidico in cui i due si danno la mano e cominciano a procedere in perfetta sintonia. Letta e Renzi non possono litigare pubblicamente, per l’ovvia ragione che entrambi sono dello stesso partito e sono dunque sulla stessa barca. Renzi non può affondare il governo e Letta non può infischiarsene di quello che gli dice il segretario del suo partito.
Qual è il vero nodo del contendere?
Il punto veramente delicato è la questione della legge elettorale, perché è chiaro che Renzi vuole giocare su un tavolo più ampio rispetto ai confini dell’attuale maggioranza. Ciò comporta il rischio che qualcuno all’interno dell’attuale maggioranza non vi partecipi, e mi riferisco in particolare al Nuovo Centro Destra. Per Letta è invece cruciale che la maggioranza sia tutta unita nel votare la legge elettorale, anche se ciò non esclude il fatto di allargare il voto ad altre forze. D’altra parte Renzi ha presentato tre ipotesi molto diverse tra di loro, rinunciando a presentare una proposta del Pd, spiegando che si equivalgono perché tutte e tre possono ottenere lo stesso risultato della governabilità e della scelta dei parlamentari. Se ciò è vero, dovrebbe essere più facile scegliere quella che tiene insieme la maggioranza di governo. Credo che sia questo che ieri gli ha detto Letta.
La necessità di fare le riforme può unire Renzi e Letta?
Il problema è che ormai si è creata una situazione tale per cui ognuno vuole fare solo le cose di cui si può attribuire il merito. Renzi punta a ottenere il migliore risultato possibile alle prossime europee. Nello stesso tempo Letta non può lasciare l’intero palcoscenico a Renzi, perché questo lo mette in difficoltà con Alfano. E’una situazione che andrebbe sbloccata con un accordo esplicito, chiaro, ampio e duraturo.
Alfano ha definito il Jobs Act di Renzi “la solita zuppa” e lo ha criticato sulla legge elettorale. Come si spiega una posizione così dura?
Definire “dura” la linea di Alfano mi sembra un po’ eccessivo. Il vicepremier ha detto che è pronto a firmare già da domani la legge elettorale che prevede il doppio turno e che è una delle tre proposte di Renzi. Ha chiesto a Renzi per quale motivo debba preferirne un’altra, se nella maggioranza c’è già un accordo. Sulle unioni civili e sullo ius soli Alfano ha inoltre risposto che non è d’accordo e che terrà un’altra posizione, come del resto mi sembra legittimo.
Quanto sono distanti in questo momento Alfano e Renzi?
E’ un rapporto potenzialmente fecondo, e d’altra parte NCD e Pd sono gli unici due partiti ad avere dei leader giovani, spendibili, entrambi agli inizi della loro strada. Tutto dovrebbe far pensare che i due possano collaborare, ma ciò può avvenire solo in una situazione che non sia da partito personale. Se il Pd si configura come un partito personale, il leader è uno solo. Il problema è stabilire se i due possono fare un pezzo di strada insieme oppure se il successo di uno si contrappone a quello dell’altro.
Quanto incide su queste tensioni il personalismo di Renzi?
La deriva personalistica di Renzi acuisce le tensioni. Renzi ha fondato le primarie e la comunicazione nelle settimane che sono venute dopo proprio sulla sua personalità, come accade del resto anche in molti altri partiti da Berlusconi in poi. Questo è un dato ormai permanente del dibattito politico. Il problema è soltanto capire se ci sia la possibilità che questa leadership personalistica conviva in una fase in cui al governo c’è un altro.
(Pietro Vernizzi)