La fase tattica è ancora in corso, ma non potrà continuare ancora a lungo. La linea che non si può oltrepassare è fissata tra il 27 e il 29 gennaio, tra l’arrivo in aula della discussione sulla legge elettorale alla Camera e l’incontro che il presidente del Consiglio avrà con la Commissione europea. A quel punto la partita doppia che tiene bloccata la politica italiana, riforma del sistema di voto e patto di governo per il 2014, in un modo o nell’altro dovranno aver trovato soluzione, pena il precipitare verso l’incognita delle urne.
Un briciolo di chiarezza dovrebbe cominciare a farsi intorno a mercoledì prossimo, quando sono attese le motivazioni della sentenza della Corte costituzionale del 4 dicembre. Sarà a quel punto chiaro entro quali binari si potrà svolgere la discussione sulla riforma del “porcellum”. Non è infatti secondario sapere se la bocciatura delle liste bloccate è assoluta, oppure se in qualche forma questo istituto (presente in più di uno dei modelli sul tappeto, “mattarellum” e spagnolo) potrà sopravvivere nel futuro.
Definiti i contorni giuridici della discussione, la politica non potrà più scappare, e la discussione probabilmente si sbloccherà all’improvviso, generando una fortissima accelerazione. Nell’attesa della Consulta, ciascuno si posizione per approfittare del momento, o – quantomeno – per limitare i danni. Il più attivo è Enrico Letta, che procede nella definizione delle proposte per il contratto di coalizione, sottolineando ancora una volta pubblicamente (a Rainews) che anche sulla legge elettorale è bene che la discussione avvenga prima all’interno della maggioranza. Letta sa bene che questa è l’unica garanzia di tenuta della coalizione. Ogni fuga in avanti dello scalpitante Renzi minerebbe la stabilità del suo esecutivo.
Il principale fattore di instabilità di queste giornate sta proprio nel dualismo interno al Partito democratico. Renzi non vuole apparire meno dinamico del premier, così fa ripetere ai suoi che la legge elettorale si fa con chi ci sta. Con mossa abile ha evitato di restringere il proprio campo di manovra indicando un unico modello. Lui di leggi elettorali ne ha proposte tre, tutte a suo dire accomunate dalla volontà di salvaguardare il bipolarismo e la governabilità. Ma sposare l’una o l’altra delle tre idee potrebbe avere conseguenze molto diverse.
Si sa che il modello del sindaco d’Italia è quello più gradito dall’alleato Nuovo Centro Destra (e anche da un largo settore del Pd), mentre è visto come il fumo negli occhi da Forza Italia. Per Alfano è inaccettabile l’idea di essere scavalcato e tagliato fuori dalla discussione, e promette battaglia dura, anche se l’asticella è stata posta dal vicepremier piuttosto in alto: solo se verranno proposte le nozze gay Ncd farebbe cadere il governo, ha detto a Bari.
Per allargare il consenso in direzione di Forza Italia (i grillini si tengono fuori dal confronto e sembrano intenzionati a rimanere in posizione di attesa), bisognerebbe muoversi in direzione del sistema spagnolo, che – invece − risulta particolarmente indigesto agli alfaniani. In realtà Berlusconi viene descritto come molto flessibile, pronto a trattare, in cambio del riconoscimento del proprio ruolo politico di leader d’opposizione. Berlusconi chiede anche le elezioni anticipate, ma sa che non sarà facile ottenerle. In ogni caso tiene i suoi fedelissimi sulla corda, perché spera in un election day a maggio, provocato dall’impazienza del sindaco di Firenze. Che le politiche coincidano o meno con le europee, tenterà ogni via giuridica per candidarsi, conscio che il suo nome costituisce ancora un potente catalizzatore di voti. E a fianco a sé proseguirà un profondo rinnovamento del proprio partito, nonostante i forti mal di pancia interni. Più Toti e Cattaneo, meno colonnelli usurati dalla comparsate televisive. E chi non ci sta può pure andarsene, tanto difficilmente andrà lontano.
L’epicentro del possibile terremoto che potrebbe sconvolgere la politica italiana rimane però in casa democratica. È quello il punto da tenere sott’occhio con maggiore attenzione, perché la coabitazione Letta-Renzi, al di là delle battute di circostanza, ancora non si è assestata in un modus vivendi. La direzione di giovedì 16 sarà quindi un possibile momento per fare chiarezza. Per sapere se il governo riuscirà a sopravvivere alla verifica (con o senza rimpasto è secondario), e traghettare il paese attraverso l’anno che si è appena aperto.